(Pulverised Records) Band greca. Titolo latino, anche quello delle tracce, che poi sono semplicemente degli atti anonimi. E l’anonimato avvolge anche i componenti della band, i quali non hanno nome, foto… non è nemmeno noto quanti effettivamente siano. Awe è un progetto nuovo, questi artisti anonimi sono di fatto musicisti provenienti dalla scena black ellenica; in realtà il progetto sembra trovi origine nel 2007, ma è solo quest’anno che appare nel mondo discografico con lo split “Moerae” (assieme a Vacantfield e End), concretizzando, successivamente, il debutto con questo lavoro immenso, possente, contenente solo tre canzoni che coprono una durata complessiva vicina alla ora. Atto primo, atto secondo e atto puro: sono questi i titoli (espressi in latino) che cadenzano lo sviluppo mastodontico di questa opera musicale completamente fuori controllo, lontana da regole e stilemi. Una voce volutamente monotona di stampo death metal cupo. Impostazione ritmica strettamente legata al black. Il resto? Auguri a chiunque abbia la malsana idea di provare a classificare, assegnare una categoria, un genere al sound degli Awe. Certo, l’oscurità è una dominante, ma dentro le tetre atmosfere si percepiscono chitarre che dipingono assurde trame, linee di basso superlative con un livello creativo mostruosamente sopra la media. Un concentrato di enigma sonoro. Vicino a black, death, avantgarde e forse pure post. Vicino a questi generi ma anche infinitamente lontano. Un enigma che prende il controllo anche dell’impostazione grafica, considerando la stranissima copertina. Canzoni deviate, contorte, assurdamente geniali. E nella complessità, nell’isterismo dello svolgimento delle tracce, si intravede un invisibile filo conduttore che accompagna l’ascoltatore verso una dimensione impossibile, contorta, assolutamente geniale.
(Luca Zakk) Voto: 9/10