(Autoproduzione) Sono fermamente convinto che il black metal e i suoi figli maggiori,cioè i suoi massimi esponenti, abbiano detto le cose importanti che c’erano da dire. Qualcuno ritiene anche che quelle cose siano state dette entro il finire del ‘900 e che il nuovo millennio abbia dato poco al genere. Questo è il motivo per il quale ritengo che lavori interessanti negli ultimi anni, molto spesso siano arrivate da band minori, underground, ma sinceramente votate al genere. Per un particolare sentire o per attitudine ed educazione musicale, formativa. L’attenzione questa volta si è posata sui tedeschi Baal Ze Ub: un batterista di 17 anni, uno dei due chitarristi di 19 e il resto tra 20 e 23 anni. Non gente navigata. “…from the Cave of the Forgotten” è il debutto dei teutoni e tra logo (una croce rovesciata sormontata da ali di pipistrello o demone) e copertina (Belzebù, chi se non lui, su una pila di teschi) fa capire da subito che il black metal è il loro verbo. Registrazione ruvida, non esemplare, con il ringhioso scream di Patrick e il picchiare di Malte a sovrastare le cavernose chitarre. Il riffing è una continua mazzata, un continuo atto letale e velenoso, ma in in ogni canzone i Baal Ze Ub frenano le pulsioni infernali per inserire nei pezzi mid tempo, intrecci blackened death metal o di un thrash oscuro, tipo Sodom e Kreator dei primi anni. “…from the Cave of the Forgotten” è un black metal vecchio stampo, dalle fattezze grezze e volutamente cattive. Le melodie sembrano sputate fuori dall’inferno, c’è quell’alone di satanico nel sound, voluto, magari studiato a tavolino. C’è gente che va ancora a scuola nei Baal Ze Ub, ma la resa di questi adepti devoti è quella di un black metal abbastanza puro e dove gli strumenti e ciò che realizzano sono empiamente sacrificati al genere.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10