(BloodRock Records/Black Widow Records) Si narra che Paolo VI fosse un lussurioso e che tra i suoi piaceri vi fosse il “ballo delle castagne”, ovvero donne nude che a lume di candela ballavano e raccoglievano con la bocca castagne dal pavimento. Beh, forse questo genere di happening non è qualcosa confinato alla sola Italia dei potenti del 4-500. “Surpassing All Other Kings” è il nuovo album che chiude la trilogia del Ballo delle Castagne, iniziata con il 10″ “108” e il secondo album “Kalachakra”. Questa release ha preso spunto da Gilgamesh, epico eroe babilonese, raccontato da un concept in cui “si risveglia dopo molti secoli e si alza dalla sua tomba per scoprire ciò che resta del genere umano e di ciò che il destino dell’uomo ha scelto per se stesso“. Nella realizzazione dell’album hanno partecipato gli Egida Aurea, Carmen D’onofrio (ex Argine), oltre all’ossatura della band, cioè il cantante Vinz, ex Calle della Morte, e Marco Garegnani, era nei The Green Man, Diego Banchero (Malombra, Recondita Stirpe e Egida Aurea) al basso, infine Jo Jo alla batteria. La band crea una coesione tra il prog rock, psichedelia e new wave e una immensa trama di melodie e suoni che danno all’album un aspetto personale e di una certa eleganza. L’iniziale “Tema di Gilgamesh” è un sinuoso e oscuro crescendo, mentre “Il Risveglio” è una esemplare sintesi tra rock progressivo, di stile italico, folklore, dark e psichedelia; è una canzone dei Ballo Delle Castagne molto personale e con melodie evocative. “Il Viaggio” strizza l’occhio al funky, la fusion e c’è quell’anima rock scintillante, attraverso una chitarra che si mette in mostra con fraseggi pregni di feeling. “Rorate Coeli” è una sospensione tra psichedelia e kraut rock. “Koning der Nacht” è voce, in tedesco, e pianoforte. Un brano estremamente dark. “Il Segreto” ha un incedere occult rock e crea un’atmosfera inquietante (grazie all’organo che in questo album è un attore spesso protagonista) che si esprime attraverso una cavalcata tribale della batteria. “Aquarius Age” semplifica i toni e si spoglia di quell’aura tenebrosa, spesso in evidenza nell’album, per poggiarsi su toni evocativi, eterei e chitarre lascive. Una strumentale di grande impatto. “Fire in the Sky” è una cover degli Yahowha (band psichedelica di Los Angeles dei primi anni ’70). “Eoni” e “Apocriphon of Gilgamesh” sono le due canzoni che serrano l’album tra suoni acustici, la prima, e collage sonori e incedere marziale, la seconda. Termina la trilogia. Si chiude un sipario su un lavoro che risulta unico nel suo genere, tra ricerche di gesta epiche e trasportate non solo nelle parole, ma anche in un sound che è fatto di più cose e livelli, i quali però alla fine rendono il tutto unico.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10