(Abraxan Hymns/Warner) La volubile capacità di comporre dei Baroness ha vissuto molte stagioni. Un modo di essere che ha esaltato i fan come anche scontentandoli. Il modulare il proprio songwriting continua anche in questo nuovo lavoro legato a modi di suonare e melodie stile anni ’80 e primi anni ’90. Il rock dei Baroness non vive mai di semplice originalità e forse solo con i tratti progressive ha espresso qualcosa di unico, mentre per il resto la band vive al di sopra della propria effettiva consistenza. Troppe volte sui Baroness si disquisisce se siano più rock o più metal, di quanta psichedelia vi fosse nei loro lavori e, soprattutto, se sono andati più avanti o meno rispetto al precedente lavoro. È così da sempre e tali riflessioni, ridondanti, fanno perdere di vista l’effettivo peso e valore del lavoro dei musicisti della Georgia. Mai schematici, sempre scorrevoli, fluidi a loro modo, i Baroness creano un filo narrativo nei propri album, ritrovandolo anche in “Gold & Grey”. L’occhio al psych-folk, stoner, metal, psichedelia, sludge e via dicendo sono inseriti senza troppi strappi, con canzoni che bene o male ognuna inizia e finisce allo stesso modo, con una sostanziale variazione centrale, o almeno quelle da un minutaggio superiore ai due minuti. Diciassette pezzi così per una mezz’ora di leggerezza, melodia e voglia di coinvolgere l’ascoltatore. Come sempre la band inserisce suoni sovraccarichi e disarmanti, che abbelliscono il tutto, anche quando c’è poca sostanza. Come, ad esempio, in “Can Oscura”, dove stabilito un pattern ritmico, la band vi stratifica sopra chitarre, synth, suoni e cosi, per un crescendo noise e acido. Roba piuttosto semplicistica. Eppure è il grumo dei suoni a creare la vera identità della band, il ‘marchio’. “Pale Sun”, sperimentazione forse più cospicua, “Seasons”, veloce, ipertrofica, energica, sono alcuni degli svariati momenti dove la band si lancia, seguendo traiettorie melodiche che permettono da subito a chi ascolta di avvicinarsi al mondo dei Baroness. Forse in tutto questo ha giocato anche l’approccio differente dal solito alla registrazione di “Gold & Grey”, seguita dal produttore Dave Fridman (Mogwai), già con la band per “Purple”. I Baroness infatti hanno registrato le parti della voce, delle chitarre e sovraincisioni nello studio di John Baizley, arrivando così in studio con una porzione del materiale già definita, fissata e decisa. Un modo, forse, di salvaguardare le idee originarie che hanno spinto a scrivere determinati pezzi.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10