(Autoproduzione) Il tocco di Bastian sembra una collusione tra Ritchie Blackmore e Yngwie Malmsteen. In effetti il primo ha influenzato il secondo, ma nel contempo si potrebbero rintracciare altre scuole, però il punto è la tipologia dei pezzi che Bastian costruisce, i quali sembrano molto inclini ad una sorta di epic/power heavy metal. Il registro è quello, nonostante momenti che, francamente, mi sono parsi fuori contesto, come ad esempio il blues di “Justify Blues” o la semi-zeppelin “The Beach”. Io personalmente adoro il blues e in ogni sua forma, ma nell’economia dell’album trovo il tutto fuori schema. Partecipano alla release ospiti illustri, come John Macaluso, Vinny Appice e Thomas Lang e poi Mark Boals e Michael Vescera. Insomma, il collettivo di “Among My Giants” rappresenta un insieme di forte qualità, anche se vorrei elogiare l’operato del padrone di casa, il quale non si comporta da ottuso virtuoso ma sembra ben consapevole che per far funzionare una canzone occorre un lavoro di un certo tipo, occorre cura e non una valanga di note suonate a velocità insostenibili o chissà come. Un album classico, nel riffing, nella struttura dei pezzi, scenari, apporto vocale, sonorità. Tutto è finalizzato verso un heavy metal molto melodico. I pezzi diventano subito fruibili, hanno una loro poetica, un loro senso, una bellezza che riluce. La prima volta che ho ascoltato “Among My Giants” è stato di notte, il sonno si è allontanato e ho potuto godermi questa serie di pezzi, i quali culminano nella conclusiva canzone dell’album “An Angel Named Jason Becker”, un brano dedicato appunto al compianto chitarrista e ovviamente scritto con un piglio ricco di pathos. Un lavoro godibile, un chitarrista impegnato a scrivere canzoni, armato di chitarra, della propria formazione e di un gruppetto di amici.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10