(Der Schwarze Tod) MetalHead ha già conosciuto i russi Bastion (QUI la recensione del precedente full-length), che come avevano promesso ci mandano oggi il loro nuovo album, secondo della loro breve ma interessante discografia. Il package promozionale di “Vremya Borby” presenta stavolta tutti i testi tradotti in inglese, e dunque diventa molto più facile seguire l’epica pagana dei nostri – anche se avrei voluto avere il booklet, di cui abbiamo ricevuto le foto, che è veramente spettacolare. “Arkona 1168”, che racconta di una delle ultime sconfitte degli slavi politeisti contro le armate imperiali e la conversione cristiana, è di una fierezza pagana primigenia, coi suoi suoni anni ’90 (soprattutto quelli che sembrano flauti) e la potenza scatenata del black. Delle trombette medieval style animano anche la veloce titletrack; “Boevaya”, per quanto sia un fierissimo canto di battaglia che chiama tutti i russi alla riscossa, suona come se i Korpiklaani avessero deciso di fare una jam con i Black Messiah! “Bylina” alterna momenti quasi sciamanici ad altri più allegri, ma sempre su una violenta matrice black, che è come esasperata nel finale; gli undici minuti di “V Pesnyah dedov” (che comprendono anche una lunga cosa di synth) sono un altro canto di fierezza che invita gli slavi a tenere fede alle proprie tradizioni. Certo, l’ideologia reazionaria è scoperta e manifesta in questi brani (me lo conferma anche una amica ucraina, che legge grande pomposità ottocentesca nei loro testi originali), ma se devo giudicare il prodotto completo, “Vremya Borby” si difende ottimamente sotto tutti i profili.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10