(The Sign Records) Non cambia una virgola rispetto al debutto “I Just Cannot Believe It’s the Incredible” (qui la recensione del remaster). Il mondo va avanti, prende direzioni diverse, ma gli svedesi Beat City Tubeworks non si schiodano, non escono dalla loro safe area. Un difetto? Ma assolutamente no! Questi rockers fanno quello che un musicista rock dovrebbe fare: del puro, sano, spensierato e vitaminico rock’n’roll!!! Modernismi? Nessuno. Cose nuove? Zero. Progressioni strane appartenenti alle miriadi di evoluzione del rock? Non ci pensano nemmeno. Quattro pazzi, due chitarre che sparano brillanti accordi ritmici infilandoci melodie e lick classici ma adrenalinici, un basso che pompa impetuoso ed una batteria che picchia con intelligenza quel solito quattro quarti. Serve altro? Rock’n’roll che è un blues accelerato ed innervosito, melodie brillanti, il tutto così settantiano con una voce che sempre proprio essere stata ibernata all’epoca e scongelata oggi per il nostro più intimo piacere. Provocante e hooky “Roadrunner”, sculettante “Succubus”, sfacciata e piena di fretta “Ivory Wave”, una canzone che tra l’altro vanta un assolo molto entusiasmante. Sensuale “Fading to Grey” un brano che mi fa pensare ai danesi D-A-D, anche perché la voce Erik Linder che è indubbiamente in linea con quella di Jesper Binzer. Bluesy ed un po’ southern “Estranged“, tumultuosa “Archaic Approach”, scorrevole “The Joke’s on You”. Un po’ pop, un po’ lussuriosa “Idiot Savant”, decisamente rockeggiante “Take Two of These and Call Me in the Morning”, mentre la conclusiva “80’s Forest Treasure = Hands of Sin” è così furiosa che invade con prepotenza i territori boogie di un punk più melodico. Settantiani, con qualcosa che ricorda grandi band, i già citati D-A-D ma anche i Mötley Crüe. Il loro obiettivo? Divertire, fare casino, allegria, felicità, niente oscurantismi di alcun tipo. Spensieratezza senza confini, puro e sincero divertimento! Niente di nuovo ma, hey, tutto così dannatamente fresco ed identificativo!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10