(Nuclear Blast Records) Con l’undicesimo album, Nergal dei Behemoth vuole risultare più blasfemo che mai. Il titolo dovrebbe essere una citazione dalla bibbia, in questo caso ‘Romani 5:8’. Ma non è vero. Anzi. Si tratta di una interpretazione, secondo la quale Gesù Cristo ci (vi?) ama anche nei vostri momenti più bui, essendo morto per tutti noi (voi?) nonostante l’abbandono nei meandri del peccato (“Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.”). Quotare (erroneamente, o subdolamente) la parola di nostro (vostro?) signore, secondo Nergal, è un fatto sacrilego all’estremo… e come dar torto ad una mente che per quasi tre decenni ha offerto la sua anima all’innominabile? Anche in questo album i testi sono estremamente religiosi, dove ‘estremamente’ ha un palese significato di limite inviolabile, proibito… sacrilego. Blasfemo! Ma è musicalmente che la band è cresciuta, che si è evoluta, trasformata, regalando l’album melodicamente meno crudele, meno veloce… ma maledettamente più oscuro, profondo, incisivo! Provocante ed inquietante l’intro “Solve”, nel quale le voci infantili assumono una parvenza demoniaca. Esaltante ed incalzante “Wolves Ov Siberia”. Provocante “God = Dog”, brano intenso con linee di basso sublimi, una progressione melodica e strutturale molto intelligente, ben pensata, coinvolgente ed eccitante. Irresistibile il riff travolgente di “Ecclesia Diabolica Catholica”, un brano che nel ritornello corale seduce con arpeggi crudeli ed assoli eccitanti. Riflessiva ed introspettiva “Bartzabel”, altro brano dalla fantastica componente corale. Deliziose dissonanze su “If Crucifixtion Was Not Enough”, intensità melodica con “Sabbath Mater”. Glorioso trionfo degli inferi con la meravigliosa “Havohej Pantocrator”, crudeltà in sintonia con mid tempo seducenti su “Rom 5 8”, un brano che garantisce uno spazio meritato all’ottima batteria. Religiosamente convinto che black e negazione di ogni supposizione ecclesiastica non debbano per forza esser rappresentati da blast beats o tempi furibondi, reputo questo album uno dei momenti più alti, se non il più alto, della carriera della band. Certo, mancano accenti quali “Ov Fire And The Void”, ma l’intero disco si mantiene sempre su livelli molto elevati, materializzando tenebre ad ogni istante, abbracciando ambiti oscuri, regalando comunque una buona dose di violenza mirata. L’anima tetra di un uomo come Nergal prende forme terrene e si interseca in un capolavoro di arti oscure trasformato in musica estrema ma fruibile, dannata ma illuminata, tetra ma ricca di melodie brillanti, suggestive, così intense da ridefinire ogni standard dell’abbandono spirituale verso gli inferi, verso le fiamme: in un totale contesto di negazione offensiva di qualsivoglia forma di divinità celeste.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10