(Argonauta/Goodfellas) È il terzo album di questo one man band project sloveno, che dal 2013 non ha perso un colpo, infettando il pianeta con una release ogni anno. “Devil’s Village”, che risale allo scorso settembre è però più teatrale dei precedenti, in qualche modo più osceno, più occulto, restando fedele a quel doom estremamente lento, con influenze della dannazione del black e le immancabili citazioni cinematografiche che rendono il tutto ancor più perverso e a tratti sconvolgente. Anzi, tali citazioni qui vanno oltre, visto che il disco è un concept basato sul “La città dei morti”, film del 1960 con Christopher Lee e Patricia Jessel, che tratta il tema della stregoneria con tutto l’orrore e la violenza ad essa legata. Ed il disco dipinge perfettamente quell’atmosfera funerea, la violenza, il sadismo, l’orrore ed il dolore, esaltando lo strazio della vittima e l’esaltazione dei carnefici. Micidiale “The Curse Of Elizabeth”, inquietante (più del normale) “The Witches’ Sabbath”. Magnetica “At The Hour Of 13”. Pericoloso ascoltare in solitudine o al buio la malefica “Starting The Ritual”. Mortale “Whitewood”, gloria degli inferi con “Burn The Witch”, pezzo che ha dei remoti richiami al doom classico. Sludge. Doom. Lentezza mortale. Pesantezza immonda. Nebbia, disagio, cenere: riff che trasudano oscurità ed odore di morte. Ancora una volta un album meravigliosamente inospitale.
(Luca Zakk) Voto: 8/10