(Daniel Engen Productions) Evoluzione. E’ questa la caratteristica essenziale di questo stupendo EP. Evoluzione musicale, evoluzione delle scelte, evoluzione della stessa line up. Esattamente un anno fa recensii “Liberation”, il loro album di debutto, il quale mi impressionò in maniera esagerata. Ed ora un EP che simbolicamente celebra alcune novità come il cambio di etichetta, che ora non è più la Misantrof che li ha lanciati (anche se la collaborazione rimane stretta) e l’aggiunta di un terzo membro, un chitarrista, ad un progetto nato come duo. Questa evoluzione organizzativa ha probabilmente dato più spazio e libertà a Runar, l’autore di tutti i testi ed il principale compositore della musica, ed anche a Andy Amin, l’altro storico componente del progetto. Creatività che si manifesta come un imponente passo in avanti, con un’ulteriore discesa negli abissi di una malinconia scolpita ed esaltata da ogni singolo accordo, suono, verso presente in questi cinque pezzi. La voce di Runar è più curata, forse semplicemente più esperta e non manca di narrare con coinvolgente angoscia le sue sensazioni. L’aggiunta del chitarrista è determinante in quanto il sound della band si addentra nella dimensione degli assoli, sempre ricchi, sempre dinamici e spesso stupendi come quello in “Lifelines Part 1”. Una batteria ben suonata supporta delle linee di basso sublimi, suonate dall’eccentrico Runar, sempre emozionanti, colme di emozioni profonde, di calore intenso, ed appare evidente con dettagli come questo che l’obiettivo del progetto sta diventando molto importante. Il mellotron rimane uno strumento essenziale per i BTM, e contribuisce a disgneare quei livelli emozionali che catturano durante l’ascolto, che intensificano la percezione e fanno sperare che questo EP non finisca mai tanto è perfetto quel delicato equilibrio tra relax e presa di coscienza di cose interiori, private, profonde. Cinque i pezzi per una durata di ventidue minuti ai quali, mi auguro, la band darà rapidamente seguito con un full length che loro meritano di suonare e tutti noi di ascoltare. “World Spirit Melancholy” apre il lavoro e svela immediatamente il passo avanti fatto da questi malinconici norvegesi. E’ un pezzo che elimina completamente una tendenza ripetitiva del passato, tipica di musica basata quasi completamente su voce e chitarra acustica. La batteria appare e scompare come per magia, la chitarra elettrica narra ciò che la voce non può dire, le tastiere, il piano ed il mellotron creano scenari unici, offrendo una costante evoluzione sempre rinchiusa nella caratteristica triste poesia che lo stile unico della band sa creare. La title track è divisa in due capitoli, uno dei quali chiude l’EP, e riesce a spingere la percezione emotiva dell’ascoltatore su livelli estremi, grazie a musica e parole che assumono una nuova dimensione, una nuova definizione, del concetto di poesia. Musica autunnale, scritta osservando un tranquillo corso d’acqua nella solitudine dell’intensa natura norvegese, mentre la pioggia, la nebbia ed un’oscurità che assume il ruolo dominante, riescono a riflettere i pensieri nello specchio di se stessi, rendendo più intenso il processo di creazione del pensiero stesso. Un percorso filosofico che si materializza in quell’essenza, quella dimensione, che alimenta emozioni, sensazioni e passioni.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10