(Fono Ltd) Se il symphonic black più spinto sembra un po’ assopito, anche a causa della lunga pausa di grandi acts come i Dimmu Borgir, allora un marcato risveglio sembra arrivare dal nord della Russia, luogo che da origine ai Bjarm, band formata nel 2010 ora al debutto con “Imminence”. Una copertina molto ben creata (anche il loro logo è molto bello!) offre accesso a queste dieci imponenti tracce, che rappresentano un symphonic black da manuale, dove atmosfere cupe, momenti violenti ed una certa rabbia vengono resi teatrali da composizioni “sinfoniche” sempre trionfali ed esaltanti. Naturalmente il lavoro sinfonico di “Imminence” è garantito dalla tastiera, suonata da Anastasiya, la quale cura anche le occasionali parti vocali femminili inserite in alcune canzoni, come ad esempio “Knowledge Of Doom”. Ai Bjarm manca sicuramente esperienza e una marcata personalità distintiva, capace di far emergere il loro lavoro dagli ovvi confronti con Dimmu Borgir o Cradle Of Filth, ma è indubbio che questi cinquanta minuti sono molto ben curati, suonati con capacità e concepiti con assoluta passione e dedizione: si nota la ricerca del dettaglio, quella naturale voglia di fare di più, di inserire molte cose, di dire tutto ed ora… cosa che rischia di portare a certe situazioni monotone. Tuttavia lo scorrimento del disco rimane fluido, ci sono parentesi e divagazioni -come su “Ominous Dreams”- che risultano piacevoli ed indovinate. A livello vocale Andrey risulta feroce: una via di mezzo tra Shagrath e la sua versione più putrefatta, più spinta verso l’estremo con un risultato che rimane in equilibrio tra il demoniaco ed il death metal. Ottima “Knowledge Of Doom”, per la quale la band ha anche girato un video: un pezzo trionfale, catchy, con una cadenza che scandisce una irreversibile marcia verso gli inferi. Ottima la fantasia dimostrata con “The Nine Worlds”, dove tastiere, drumming e riffing circondano vari cambi atmosferici, sempre coinvolgenti, sempre d’effetto. Non crea una sensazione di nuovo “Fire Lord’s Torment”, ma certi suoi momenti, come lo spazio riservato alla voce femminile e la divagazione sinfonica dopo metà canzone, sono accattivanti. Stupenda la title track strumentale, interessante l’impostazione “lenta” di “Oracle”. Un album coinvolgente. A volte sembra di ascoltare degli estratti degli ultimi due dischi dei Dimmu Borgir, ma è una male dovuto alla gioventù, forse al fatto che non vengono dal centro della scena (Norvegia, per esempio). A livello tecnico e creativo sono molto validi, e se continuano su questa strada il prossimo album potrebbe essere veramente un qualcosa che fa la differenza, che scrive una pagina nuova.
(Luca Zakk) Voto: 7/10