(Dark Essence Records) Aspettare dieci anni per un seguito è un’esperienza che conoscono solo i fan dei Tool e pochi altri. Eppure tanto è passato dall’EP di esordio dei Black Hole Generator. Quindi la domanda più lecita è se ne è valsa la pena. La risposta non è ne facile ne immediata, perché comunque dieci anni sono tanti in termini di esperienza personale e maturazione artistica in una persona. E il suono del gruppo ne ha risentito evidentemente. Diciamo però fin da subito che le sette tracce di questo album non sono scontate e che si sente la parsimonia di una produzione molto lunga e attenta dietro ad ogni brano. La versatile voce del fondatore del gruppo, mister Nilsen dei Vulture Industries dona plasticità e dinamismo ad ogni pezzo, mentre le varie influenze dei più svariati gruppi creano un mix assolutamente pregevole e di gran classe. Dödheimsgard, Emperor, Anaal Nathrakh solo per citare i suoni più immediati. Eppure i BHG somigliano a tutte queste band pur non copiando nessuna di esse. Il suono risulta tanto industriale quanto primordiale, tanto innovativo quanto tradizionalmente black. Il background di produttore del fondatore si sente nella postproduzione di mestiere fatta sul lavoro… Insomma, ripeto: nulla è stato lasciato al caso per questo ritorno sulle scene. Quindi si, tutto sommato aspetterei altri dieci anni se i risultati sono questi.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10