(AFM/Audioglobe) Ho recensito “The final Journey” (QUI) indicando come la parabole dei Black Messiah fosse in declino… e non mi sbagliavo. Questo “Heimweh”, sesto full-length dei pagan/blacksters tedeschi, è decisamente un passo falso, e vi spiego perché. In realtà la “Symphonia Pagana” strumentale che apre il disco ha un fascino magico e distante nella prima parte e guerresco nella seconda, ma poi “In the Name of ancient Gods”, oltre a sapere di già sentito, ha la batteria registrata in modo veramente obbrobrioso. “Wildsau” potrebbe essere la ballad del disco, dato che alterna momenti da taverna a improvvise accelerazioni: ma ancora una volta è la produzione a difettare, perché le chitarre sono spesso soltanto un suono zanzaroso. La cupa “Nidhögg”, dedicata al Drago degli Inferi, ha naturalmente un impianto black molto pronunciato, ma mai coinvolgente, mentre la titletrack è un canto 100% folk troppo lungo per la continua ripetizione di strofa e ritornello, e che ricorda tra l’altro non poco “Andacht”, dall’ottimo “The first War of the World”. Tutto chiaro ora? Poche idee, e peraltro registrate molto male. Mi spiace per questa band che ho seguito con passione in passato, ma a giudicare da “Heimweh” sembra che i tempi gloriosi siano finiti.
(Renato de Filippis) Voto: 5/10