(Autoproduzione/Blood Fire Death) Quaranta minuti spietati da parte degli spagnoli Black West. Un po’ stoner, un po sludge, tanto -tantissimo- metallo. Richiami vaghi a sonorità dei Metallica, riffing poderoso, singing variabile e molto versatile. È il solo secondo album, da quattro anni a questa parte quando questi quattro musicisti diedero vita al progetto. Metallo tagliente, curato, pulito: non ci sono quelle sonorità palesemente sporche e trasandate, anzi, qui domina una precisione chirurgica che tuttavia rimane ricca di calore, di dinamismo, di potere esplosivo. Aggressiva e piena di cambi ritmici la opener “Smaller Than Keys”, seguita dalla fantastica “Betrayer”, una canzone con variazioni vocali coinvolgenti, ritmica per nessuna ragione ovvia o scontata, strumenti in evidenza, un basso crudele, idee melodiche, cattiveria ed una pesantezza globale completamente fuori scala. Melodicamente “What Is Wrong With Me” sembra il seguito, qui perfezionato da un singing ancor più chiaro, un riffing che contiene molto doom, ma anche radici di pregiato metal classico. Interessante l’interludio di “Once Upon A Time” con quel basso distorto nuovamente in evidenza, una canzone con un singing che riporta alla memoria ad un glorioso passato. “1966” è altro doom, di quello sudicio, putrefatto, pieno di striscianti vermi che ne torturano resti maleodoranti, gli stessi resti sui quali è costruita “I’m Sick Like Them” la quale, però, apre a disegni melodici elettrizzanti, vagamene impostati verso direzioni “post”. Crudele e maledettamente esaltante “I Need To Watch Things Die”, una canzone che sembra uscita da epoche d’oro dove tuonavano bands come i Pantera. Un po’ di idee psichedeliche si mischiano allo stoner nella conclusiva “Save Yourself”… ma la salvezza (dell’ascoltatore) è lontana: “49/14: The Last Dream” è un disco intelligente ma anche perverso, pesante, letale. Un sound completo e micidiale che ti penetra come un trapano, ti infrange come un demolitore, ti schiaccia come una pressa.
(Luca Zakk) Voto: 8/10