(The Church Within Records) Eric Wagner probabilmente ne ha fatte di cose importanti nella vita e molti di noi ne conosciamo alcune, cioè gli album con i Trouble, doom band di Chicago. “Blackfinger” è qualcosa di supremo e forse una delle cose migliori che questo vocalist avrebbe potuto realizzare. Tuttavia i Blackfinger sono una vera e propria band e non un lavoro solista e ascoltando la musica si sente quella coesione e affiatamento tra i musicisti. I Blackfinger realizzarono un singolo tempo fa e una buona dose di esibizioni live in città (appunto Chicago). Oggi è il momento, l’uscita del debut album. Qualcosa di artisticamente valido, con riff sintonizzati su andature heavy, hard rock, doom. Eric Wagner nei brani più spinti e a metà tra stoner e doom sabbathiano, ha una cadenza vocale che rimarca quella di Ozzy Osbourne. Il tutto è ampiamente gradevole. Tutto è tipicamente heavy. Permettetemi però di fare i complimenti alla band per i brani più mansueti, quelli addolciti da momenti più intimisti, riflessivi, aggraziati. Come la luce del mattino che si poggia su ogni cosa che illumina, così brani come la magnifica opener “I Am Jon” (leggermente invischiata con gli Anathema di qualche anno fa) oppure la mansueta e sacrale “As Long as I’m with You”, dove pianoforte e violoncello tinteggiano un’atmosfera malinconica ma accomodante. E “Keep Fallin Down”? E’ la tipica canzone dolce ma sempre malinconica e che solo una band metal potrebbe fare, giocandosela tutta con la chitarra acustica e ovviamente le frequenze cupe di Wagner, le quali rendono ancora più soffice e sognante la dimensione sonora che questa canzone costruisce. “For One More Day” è un’altra canzone toccante, emotivamente capace di prendere per mano l’ascoltatore e farlo estraniare dal mondo in cui si trova. Eric Wagner quì va al suo massimo, perché è un altro momento di grande interpretazione e di trasporto indotto nel brano. Francamente trovo i pezzi più spediti artisticamente meno accattivanti di quelli elencati, i quali sono una dimensione più interiore, molto emozionale, eppure i riff di granito che si susseguono in brani come “Yellowood” o “All Death Do Us Part” non sono da buttare. Hanno si un taglio classico e un debito di fondo con molti grandi del genere, ma la coesione degli intenti di questi musicisti è totale e si traduce in coinvolgimento per l’ascoltatore, visto che ogni canzone sembra dare il suo tocco alla qualità globale dell’album . “Blackfinger” a mio avviso è un lavoro metal nella sua pienezza. Il tocco old style, gli influssi doom, stoner e hard rock, la presenza di una buona quantità di pezzi che hanno il genuino aspetto della canzone e dunque con tutte le sue dinamiche e logiche, smaltano ed esaltano questo collettivo che credo abbia trovato la giusta lunghezza d’onda per suonare in una maniera elegante e allo stesso tempo energica.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10