(Blaze Bayley Recording) Siamo nel 2024 ed ecco spuntare, con estrema sincronia, due album di due cantanti degli Iron Maiden. Sì, perché se sei stato cantante della Vergine di Ferro, lo sarai per sempre, con tutti i pro e i contro di questa nomea. Lasciando il disco solista di Dickinson tra i dischi più attesi di questo trimestre, il nuovo disco di Blaze esce dopo tre anni dal precedente lavoro. Tra i due, un live e un malanno al cuore che ha allontanato il nostro per un po’ di tempo dalle scene. Ma eccolo tornare con un disco che a mio parere è il suo miglior lavoro dai tempi di “Infinite Entanglement”. Un lavoro diviso in due parti. Le prime sei tracce propongono un roccioso metal, decisamente più duro e meno rock rispetto ai precedenti lavori, con un cantato ispirato e ben dosato, in cui il lavoro alle chitarre è stato potenziato e portato a livelli decisamente superiori al passato. Il disco suona in questa parte fresco, diretto nella sua semplicità, figlio di una formula ormai rodata, in cui Blaze sembra aver trovato da tempo un comodo equilibrio. La seconda parte cambia completamente tono. Abbiamo una catena di sei tracce che compongono un mini concept sui culti ancestrali, evidente ispirazione della copertina del lavoro. Ecco le cornamuse quindi che introducono il ciclo, con un’atmosfera decisamente più epica, con un Blaze un po’ inedito nella nuova veste di cantastorie. Una piacevole sorpresa nella sorpresa, dove si sente il piacere di questo artista nel giocare con le proprie competenze e creare un prodotto che potrebbe davvero vincere una ipotetica sfida con altri cantanti della Vergine… Naturalmente, non servono gare. C’è solo da ringraziare che nel 2024 ci siano entrambi, Blaze e Bruce, entrambi con prodotti di ottima fattura. Ora, Blaze ha scoperto le carte in tavola, vediamo che saprà inventarsi il vecchio Bruce…
(Enrico MEDOACUS) Voto: 8,5/10