(Nuclear Blast) Dove eravamo rimasti? Ah si, “At the Edge of Time”, cinque anni or sono. I Blind Guardian non lasciano mai niente al caso, e state pur certi che se tanto è passato dall’ultima fatica in studio dei tedeschi non si tratta certo di pigrizia. Siamo forse di fronte al platter con la gestazione più lunga della loro discografia, giustificando così le grandi attese e speranze dei tanti seguaci dei bardi capitanati da Kürsch. Quindi come suona il nuovo album? “The Ninth Wave” parte con dei cori magniloquenti. Il riferimento agli ultimi Rhapsody of Fire è fortissimo. Se si chiudono gli occhi sembra di ascoltare una colonna sonora di qualche blockbuster fantasy. L’incedere marziale apre al cantato e alle chitarre con gli immancabili cori a tre voci a cui i nostri ci hanno abituati da “Imaginations…” in poi. Il suono è al 100% Blind Guardian, la produzione e i suoni cristallini, in linea con le loro ultime release. La struttura della traccia non è immediata e francamente non è facile aprire l’album con un brano di nove minuti! “Twilight of The Gods” è anche il primo singolo estratto. In effetti è uno dei brani più immediati dell’opera e non si può non notare il perfetto affiatamento di una band con alle spalle ormai tre decadi di attività. “Prophecies” è un pezzo un po’ atipico fin dalle prime note, con dei richiami agli ultimi Gamma Ray, con passaggi leggermente distanti dai canoni del gruppo. “At the Edge Of Time” strizza l’occhio ai Mechanical Poet più teatrali, con un amalgama perfetta tra parte metal e controparte orchestrale. Ottimo il mixaggio che non fa perdere di vista nessuna componente sonora. Con “Ashes of Eternity” e “The Holy Grail” si spinge sull’acceleratore. I suoni più grezzi, la struttura dei brani più lineare e diretta. Entrambi possibili singoli in futuro… “The Throne” è dotata di un refrain fin troppo orecchiabile, risultando forse l’episodio meno riuscito del lotto. “Sacred Mind” gioca, almeno nella prima parte, sulla falsariga di una ballad per poi recuperare velocità con suoni decisamente più graffianti. “Miracle Machine” ci offre un Hansi decisamente inedito e intimista, con una voce pulita ma per niente estraniante rispetto al resto del disco. “Grand Parade” è la classica traccia di chiusura a cui ci ha abituato il Guardiano Cieco e con tutta probabilità risulta anche l’episodio più riuscito. Nove minuti che valgono l’acquisto del cd, in cui troviamo la summa di quello che sono i Blind Guardian del 2015. Orchestrali, epici, sognatori e visionari. “Beyond The Red Mirror” è complesso, difficile da assimilare al primo ascolto. Ai Nostri va riconosciuto il merito di voler portare avanti una proposta musicale ben precisa e si sente in ogni nota che Hansi e compagni vogliono suonare nel 2015 esattamente così. Per chi li ha apprezzati nell’ultima decade l’acquisto è consigliatissimo. Per chi non li conoscesse ancora, la cosa migliore sarebbe procurarsi la discografia e cogliere la splendida e multiforme trasformazione che il gruppo ha subito in 27 anni di onorata carriera.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7,5/10
(Nuclear Blast) Credo saremo tutti d’accordo nel dividere la carriera dei Blind Guardian in tre grandi fasi. La prima, quella più legata allo speed e all’heavy metal tedesco ortodosso, si può considerare conclusa con “Somewhere far beyond”; la seconda, dove gli elementi del symphonic power sono preponderanti, arriva fino a “Night at the Opera”, anche se il suo apogeo va naturalmente considerato “Nightfall in Middle-Earth”. Con il prodotto meno riuscito della loro discografia, “A Twist in the Myth”, si è certamente aperto un altro capitolo, in cui gli elementi sinfonici si sono combinati a un feeling sempre più progressive e a una montante complessità delle composizioni, teatrali, operistiche e ricche come non mai. Tutta questa lunga premessa per dire che “Beyond the red Mirror” si inserisce alla perfezione in questa terza fase. È un album a cui non si può dire di no… ma a cui si dice di sì dopo numerosi ascolti: all’inizio non ci si può che perdere fra arrangiamenti, suggestioni e divagazioni. È solo dando a questo disco il giusto tempo che lo si può riconoscere come un importante capitolo della discografia dei Guardian, certamente al livello di “At the Edge of Time” e forse anche di qualcosina del passato. Si comincia con i nove minuti e trenta secondi di “The ninth Wave”, che si apre e si chiude su partiture epiche e cori d’impatto, a mio giudizio reminiscenti di alcune cose di Vangelis. Il pezzo vero e proprio mantiene quell’impatto quasi prog di molte delle composizioni di “At the Edge of Time”, addirittura con qualche suono elettronico, ma l’anima della canzone è 100% Blind Guardian (si ascolti il ritornello). Certamente un’ottima partenza, ma servono – come dicevo – diversi ascolti per entrare bene nei meccanismi. Del singolo “Twilight of the Gods” ho già parlato QUI, quindi passiamo subito a “Prophecies”: pienamente nello stile del platter precedente, forse uno dei brani più deboli e ordinari (ma stiamo sempre parlando del Guardian sound, eh!). Ottima, invece, “At the Edge of Time” (no, non mi sto confondendo, il brano che si chiama come il disco del 2010 è il quarto della scaletta): potente, sinfonica, operistica, stratificata, quasi una colonna sonora per un film di sette minuti, che sfocia in un refrain eccezionale. “Ashes of Eternity” è un brano veloce, sullo stile di “Fly”, da cui rubacchia qualche intuizione; ed è seguita da un altro pezzo serratissimo, “The holy Grail”, che mantiene alte le quotazioni del disco e fa pensare, con una lacrimuccia, a “Imaginations from the other Side”. “The Throne” vanta lunghi e affascinanti passaggi strumentali, mentre “Sacred Mind” sembra fare pendant (e non solo per il titolo) con “Sacred Words”, di cui condivide atmosfere e impianto generale. “Miracle Machine” è l’unica, breve, ‘ballata’ del disco, sostenuta da cori e archi; si chiude con “Grand Parade” (ancora nove minuti e mezzo!), il cui titolo mi sembra perfettamente indovinato. Siamo infatti di fronte a un finale barocco e operistico, degno di questo disco sovrabbondante ed enfatico. Bentornati, Guardian, dopo tutto questo tempo. Di “Red Mirror” esistono almeno dieci versioni diverse, consiglio il vinile red splatter o, se siete davvero dei collezionisti insaziabili, l’earbook 2cd + vinile 10’’ in formato 28×28 cm!
(René Urkus) Voto: 8/10