(The Oath) Pioggia e tuoni. Elementi poderosi della natura che aprono e chiudono questo debutto dei norvegesi Blodsgard. Pioggia intensa che bagna un monumento, quel monumento fatto di inutili corpi umani (senza vita?) che si ammassano nel disperato, quanto insensato, tentativo di raggiungere un inesistente paradiso, una luce ingannevole, elevandosi da una terra fredda, ostile, demoniaca. Un progetto strano che vede tre membri nella band: Kenneth il batterista, Stein che si dedica soloalla stesura dei testi e Fredrik il quale è capace di creare attorno a queste lyrics l’atmosfera sonora ideale, prendendosi cura di tutti gli strumenti ed anche della voce. Strane anche le origini: Stein è esperto in storia della religione, Frederik, apparentemente lontano dall’immagine del black metaller norvegese, è impegnato in studi di sociologia e politica. Ma è forse l’unione di queste due arti del vivere umano -religione e società- che crea lo spunto perfetto per un black metal che si evolve, che cresce, che esce da certe ridondanze che ormai dagli anni ’90 sono inevitabili. Il risultato di questo progetto diverso è poderoso. Un black metal che risulta intenso, ricco di potenza, un black metal che torna alle radici integrando idee nuove, mantenendo comunque una impostazione che risulta diretta, immediata… letale. I riff malvagi degli otto pezzi, la voce infernale del singer, l’evoluzione di ogni composizione non sono mai scontati e riescono, senza deviare verso generi estremi molto complessi, ad offrire tecnica impeccabile, fantasia creativa, ispirazione, emozione. “Mentalt Minefelt” alterna riffing feroci a momenti cadenzati dove la potenza del pezzo risulta esaltante. “Hagalls Sirkel” è brutale, ma riesce ad integrare concetti melodici che trasformano semplice violenza in un culto della malvagità estrema. Inquietante la funerea title track, sospirata, ansimante, quasi melodica, dominata da un organo che è una condanna a morte, esaltata da una linea di basso subdola e coinvolgente. Sorprendente l’evoluzione di “Kaoskonstruksjon”, che racchiude un intermezzo atmosferico lontano dalla brutalità ricca di melodia del resto del pezzo. La conclusiva “Svart Blod Flyter” è black metal oscuro, emozioni tetre che si materializzano in nove minuti di intensa musica, dove il cantante dimostra ottime capacità con una voce pulita estremamente teatrale, capace di trasmettere le sensazioni descritte, provate. Un album intenso, particolare. Un debutto di classe capace di riscrivere parzialmente alcune regole ormai obsolete. Unico difetto: solo tre pezzi lunghi (oltre i sei minuti) e per questo tipo di musica pieno di atmosfera e di ritualità, ritengo che ogni eresia sonora debba durare molto, moltissimo. Come la più atroce delle agonie.
(Luca Zakk) Voto: 8/10