(Svart Records) Doom per pesantezza e oscurità acida. Black per impostazione vocale, spinta sonora e violenza celata. Questi californiani non hanno pietà e questo loro EP di debutto non fa prigionieri. Solo venti minuti nei quali sotto certi aspetti non c’è molta novità: low tuning e pesantezza senza limiti. Ma sotto molti altri aspetti l’EP è una vera rivelazione: molte accelerazioni melodiche che spaziano tra black e crust punk… con una violentissima voce scream che incute terrore ed odio. Poi ci sono le sezioni dove emerge una angelica -ma dissacrante- voce femminile capace di rendere tutto più etereo e mistico. Ma è proprio qui che emerge il fattore che contraddistingue i Bog Oak: c’è una sola persona dietro al microfono, è una donna, si chiama Julie Seymour e dimostra una versatilità pazzesca tanto che nei tre minuti e venti di “Time Drift of Seasons” salta tra i due stili vocali tante di quelle volte che viene naturale pensare ci siano due voci dietro il microfono. Ottima “A Sea Without Shore”, nella quale emergono sonorità che raggiungono un sapore etnico. Molto più estrema e black oriented “The Science of the Afterlife”, la opener nella quale Julie mostra il suo lato più demoniaco. Debutto veramente interessante. Pieno di ottime idee e spunti che con l’appropriata evoluzione non passeranno inosservati. Affilando un po’ il song writing, staccandosi dalle parentesi ovvie e spingendo su quelle più personali, i Bog Oak potrebbero diventare un mostro assetato di sangue, un mostro che sarà difficile saziare…
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10