(Avantgarde Music) Basta la title track posta in apertura per farsi assorbire dentro questo labirinto sonoro, questa interpretazione di un post metal estremo, basato su ambient, noise e doom, sferzato da un sublime e perverso sassofono. L’incedere del brano è tormentato, è pesante, è lacerante con il doom sempre granitico, il noise destabilizzante e quell’evoluzione black metal che sorprende, frantumando l’etere con impeto e violenza. “The Volture” offre qualche radice più tribale, dando spazio ad un cosmo di metal spinto ai limiti della disperazione, una nebulosa di post jazz distorto fuori controllo… una irresistibile galassia di stati d’animo malati. E siamo solo inizi, questi erano i primi due brani, i primi venticinque minuti del terzo album di questa impattante band sperimentale australiana. Con “The Sacred Deer” il senso drammatico cresce e diventa percepibile in ogni dettagli sonoro, mentre la genialità dissonante di “The Scapegoat” vaga verso orizzonti apocalittici. La conclusiva “A Faint Red Glow” è un lunghissimo ambient quasi spirituale, micidiale nella sua potenza ipnotica, con quel sax delicato che viaggia lontano, dolcemente, intensamente. Senza limiti. Nessun confine, nessuna barriera. Nessuna regola predeterminata. Black, doom, post, noise, ambient e jazz: un mix letale, sapientemente concepito, magistralmente scolpito, suonato con impeto, con fantasia, con improvvisazione, con totale ed assoluto libertinaggio artistico.
(Luca Zakk) Voto: 9/10