(autoproduzione) Brigo lo abbiamo incontrato un paio di anni fa. O forse un paio di livelli fa. O forse stava dentro quell’altro game. Non ricordo. Comunque mi guadagnai un botta di bonus ed extra life scrivendo di “It Works!”, il suo debutto come solista (clicca qui per vedere com’era il livello precedente). Per riassumere, Brigo è il chitarrista o l’ex chitarrista dei Maieutica… forse il futuro chitarrista dei Maieutica… difficile ubicare questo tempo in questo spazio quando sei davanti ad un album che nega lo stesso spazio fondendo quello reale in quello virtuale, annullando il tempo e/o l’ordine degli eventi. Comunque Brigo è un axe man il quale, secondo il calendario, ha sbagliato epoca. Ovviamente mi prendo il beneficio del dubbio sulla veridicità del calendario… forse è tutto quello che sta attorno a Brigo che sta nel tempo sbagliato… mentre lui è saldamente ancorato al tempo giusto.. il quale è ovviamente eterno, ma indefinito. Dieci brani… quasi tre quarti d’ora (ora terrestre convenzionale). Dieci divagazioni strumentali di altissimo livello, farcite di un virtuosismo senza limite: vi ricordate quando si usava dire, parlando di un ottimo chitarrista, frasi quali ‘fa parlare la chitarra’? Bene… Brigo non la fa parlare, perché ha fatto un altro disco strumentale… ma la rende viva. Trasforma uno strumento volgare che emette suoni tramite vibrazioni in un congegno multimediale che controlla la mente e installa scenari virtuali dannatamente veri (e mi scuso con l’autore per una subdola citazione che ha a che fare con il 1999 e non con gli anni ’80). Brigo prende gli anni ’80 e li trasforma in suoni di chitarra. Prende film. Prende concetti. Prende cliché. Prende luoghi comuni. Prende citazioni (cercatele!). Prende suoni e colori. Prende pure videogiochi e quel delizioso pensiero popolare farcito di sogni e speranza senza confine, poi annullate dal grigiore degli anni ’90… un grigiore ancora in corso… sempre ammesso e non concesso che il tempo esista e che questo album non sia una finestra sull’unica vera realtà che non riusciamo più a vedere. La title track è metallo puro, con chitarre sfrenate… tanto che riesco a sentirci il gusto che provavo con i Cacophony… forse per quell’aura remotamente orientale che mi fa impazzire. “Oops” è contorta e superbamente tecnica… il sequel necessario alla opener. “I Want to Believe” è un autentico capolavoro: atmosfera che ricorda Nightwish/Blackmore’s Night, con una chitarra Malmsteeninana dai tratti un po’ Steve, un po’ Joe, un po’ Axel… ed una teatralità oscura che mi ricorda i migliori dischi di Ozzy. Gloriosa, power e incalzante “Tokyo Invaders”: il virtuoso si sposta verso territori power metal, con decisione e senza chiedere permesso. La struggente “Loom” rilassa prima nel nervosismo di “Level Up”: il brano più impossibile che ridefinisce quel ‘fa parlare la chitarra’ portandolo al … prossimo livello… un livello dove Mario sarà l’unico vostro pensiero fisso. Speranza e un futuro roseo nel bluesy groove di “It’s All in the Reflexes”. Energia ed altro shred intenso con “1.21 Gigawatts”… fino all’happy ending nostalgico con tramonto sul mare di “May the Force Be With You”. Vi potrei raccontare la storia del concept… che è il sequel del precedente, che è una storia con personaggi ed eventi… dove le peripezie dello scienziato pazzo protagonista sono scandite da ogni singolo brano. Vi potrei raccontare fatti relativi all’artista, della sua full immersion in film anni ’80 per trarne l’ispirazione, vi potrei parlare della sua carriera, della laurea in discipline ed arti dello spettacolo o di cose incomprensibili come quelle che chiamano ‘Musicoterapia Nada Yoga’. Potrei parlarvi dell’ottima produzione di Alex Rosso o degli ottimi musicisti che compongono la sua band. Ma non servirebbe assolutamente a nulla. Non sappiamo nemmeno in che epoca viviamo, sempre sperando di essere creature vive in un pianeta vivo e non solo dei flussi di elettroni in una non-realtà virtual-immaginaria. Non sappiamo nemmeno se Brigo sia un chitarrista, un computer o un alieno verde e nefasto. E probabilmente questo album non è mai stato suonato. Forse è un codice segreto per aprire portali verso il nulla. Una sola cosa è dannatamente vera: quel mostro dell’ultimo livello è tosto… gli abbiamo rovesciato contro un arsenale ma non lo abbiamo fatto fuori; ‘GAME OVER’… il tempo scorre… ‘PLEASE INSERT COIN’. Ma affrettatevi… o dovrete ricominciare d’accapo. Dal primo livello.
(Luca Zakk) Voto: 9/10