(Metal Blade Records) Con il passare del tempo i Cannibal Corpse sono diventati simili all’oro, cioè un qualcosa che non perde mai di valore. Per tanto le attenzioni su questo nuovo album sono e saranno tante per molteplici ragioni. “Violence Unimagined” esce quattro anni dopo il precedente album, durante una stagnante situazione nel panorama musicale e di fatto la sua lavorazione è stata condizionata dalla pandemia in atto. Non meno importante è l’ingresso in formazione di Erik Rutan, chitarrista di Hate Eternal, sessionman in studio e dal vivo dei Morbid Angel, in più valente produttore, al posto di Pat O’Brien che ha avuto qualche problema con la legge. In poco oltre trent’anni i Cannibal Corpse sono emersi progressivamente dalla pozza di sangue nelle quale edificavano le proprie sonorità truculente, per evolversi verso scenari a loro modo oscuri ma sempre più costruiti, elaborati, oltremodo che tecnici. “Violence Unimagined” è una brillante ripresa in calco degli episodi costruiti dalla band negli ultimi anni. Non c’è alcuno spazio e men che meno traccia verso un qualsiasi tipo di cambio di rotta, di stile, di idee. Lanciati su binari che non smorzano di un niente in fatto di velocità quanto di forza, la band esprime come al solito il suo virtuoso dinamismo. Per quanto si avvertano dei pezzi livellati nel loro suonare, i Cannibal Corpse mostrano come al solito muscoli e una pesantezza fluttuante con impatto ed estro, quest’ultimo un tantino misurato rispetto al passato, non trascurabile nella sostanza. Con Rutan nella cabina di regia della produzione e Alex Webster a dare la forma ai pezzi, un nuovo capitolo si aggiunge alla discografia, attraverso una fattura snella dello stile e abitudini dei Cannibal Corpse.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10