(Eisenwald) Il gelo del Québec. L’aura crudele e oscena della lingua francese. L’inverno polare. Arrivano al secondo album questi feroci canadesi, i quali debuttarono due anni fa con l’ottimo “Cendres Célestes” (recensione qui). Stessa label, stessa line-up, ed un crescendo di ferocia atmosferica efferata inarrestabile. Musicalmente il nuovo lavoro segue il percorso del precedente, amplificando certe espressioni melodiche e favorendo la resa atmosferica, con una produzione sonora più oscura, più devastante, una resa che alimenta un senso di soffocamento esaltante. Subito feroce “Le Feu Secret”, un brano con molte evoluzioni, dove il singer arriva con efficacia ai confini del DSBM estremo. Bellissimo il mid tempo iniziale di “Les Étoiles Endeuillées”, un brano che poi improvvisamente si scatena su ritmi forsennati, con velocità mostruose e drumming spietato… questo prima di un cambio estremamente atmosferico, il quale con decadenza conduce a fine brano. La title track è divisa in tre capitoli: intanto -in questo specifico caso- i testi non sono della band, ma del poeta del Québec René Chopin (1885-1953); poi, i tre brani offrono spazio a tremolo intensi, ad una recitazione black metal veramente ben riuscita, con un accento particolare sul secondo capitolo, “Paysages Polaires II”, un brano pieno di intensità, caratterizzato principalmente da un mid tempo melodico, frastagliato da frequenti accelerazioni, decisamente l’espressione musicale con la quale il terzetto rivela una migliore espressività. Come per l’album precedente, non manca il brano con un lungo e bellissimo assolo, ovvero “Hélas”, ed anche in questo caso si tratta della penultima canzone del disco (entrambe le releases offrono sette brani). Altre estremità DSBM con la decadente ed oscuramente trionfale conclusiva “Le Fléau”. Ancora una volta un black metal ben espresso e descritto, anche se molto personale. In questo nuovo album la band rimane in possesso della propria identità, inserendo dettagli e piccoli concetti che non cambiano l’essenza globale ma esaltano l’efficacia immediata; che questo poi sia frutto di una crescita stilistica o di un perverso piano malvagio, fa poca differenza: i Cantique Lépreux sono capaci di farvi percepire la crudeltà del freddo estremo, un freddo che avvolge pietre, terra, piante, paesaggio e l’aria che respirate. Un riassunto in chiave black metal di quel gelo polare che avvolge l’estremo Nord America, la loro casa, la fonte della loro malata ispirazione.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10