(Season of Mist) Nel 2018 “Chapel of Carnation” (QUI), il titolo in questione è invece il secondo album dei belgi che si presentano sempre ben radicati nei principi del death metal. L’arcaica ma sempre efficace scuola svedese, con sguardo ai Dismember e primissimi Entombed, oppure i Paganizer, oltre a inevitabili sguardi verso qualcosa d’oltreoceano, rappresentano alcuni punti fermi. I belgi bastonano e lavorano anche di fino. I riff sono spesso cadenzati e nelle fasi veloci creano trame e diciture piuttosto limate. Le atmosfere classiche, quelle da death metal tenebroso, oscuro, sono vibranti e canoniche, potenti e profonde nell’intensità del guitarworking. Jonathan Verstrepen, mente della band, e Bert Vervoort, sono un ottimo duo. Lavorano con armonizzazioni, con vibrati intensi, rifiniture con feedback, come in “In Chasms Abysmal”. Le chitarre sono prolisse, non si annidano su pochi riff portanti, ma sviluppano appunto trame su trame. La sezione ritmica è imponente, con Vincent Verstrepen che rifinisce con maestria e Yarne Heylen che col suo quattro corde è il sostrato tra le sei corde e le pelli. Alla voce ovviamente Simon Duson che si conferma un ‘vocalist of death’ di prima classe. Album molto melodico e dove le melodie sono grige, nere, coperte di ragnatele e maledizione. La fattura dell’esecuzione è notevole, abbraccia nettamente l’old school e al contempo si mostra come una sapiente sfilata di intenzioni sia tecniche che di genere ampiamente interessanti.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10