(Napalm Records) Il ritorno di fiamma tra i due fratelli Cavalera, Max e Igor, due ex pilastri dei Sepultura, si è materializzato con i Cavalera Conspiracy. “Inflikted” prima e “Blunt Force Trauma” poi, hanno riproposto le abilità e creatività dei due, anche se il primo è stato un album grazioso, mentre il secondo è sembrato una naturale conseguenza del primo. Dunque non un’evoluzione o un qualcosa di diverso, la cosa è strana visto come durante l’epoca dei Sepultura i due non avevano mai suonato (e nemmeno Andreas e Paulo jr) un album simile all’altro. “Pandemonium” non è un capolavoro, ma è maledettamente tosto. Magari è squadrato e serrato come il precedente, ma i suoni, alcuni riff arsi, scheletrici, i fraseggi inquieti, le atmosfere lacerate da tocchi intensi, ritmi poderosi, secchi e una generale parvenza di cyber metal, pseudo industrial, hardcore onnipresente, thrash asciutto, quasi moderno e a tratti nu metal, rendono l’album qualcosa di inatteso. C’è una generale e diffusa sensazione di apocalisse in questi pezzi. Un pandemonio vero e proprio. Come i precedenti due lavori, anche questo terzo album dei Cavalera è semplice, diretto, e d’impatto. Dall’iniziale “Babylonian Pandemonium” (una specie di alterazione di “Biotech Is Godzilla” ma girata in versione post hardcore) Max e Igor inchiodano nella testa dell’ascoltatore i loro assalti pregni di groove e riffing dai tipici fraseggi acidi e freddi. Siglano dall’inizio di ogni canzone le coordinate, semplici e chiare, che guideranno l’ascoltatore verso questa visione oscura, caotica e ammalata. Max canta in modo diverso, la voce è infatti trattata, più oscura, quasi godfleshiana per certi aspetti e il tutto è ben armonizzato con questo clima di odio e alterazione dei suoni. “Porra” è un’esecuzione che include parti etnico-tribali e riporta alla mente quanto udito anni fa in “Roots”. Esacerbata, nei suoni, nel riff, nelle atmosfere torbide e vicine ai Nailbomb, “Deus Ex Machina”, penultima canzone dell’album di sei minuti e mezzo, e poi la frenetica, indiavolata e nettamente hardcore “Insurrection”. “I, Barbarian” e “Cramunhao” sono un uno-due da KO. Ritmiche frenetiche, atmosfere incancrenite dall’hardcore, il thrash e quel senso di elaborazione sonora post-industrial. Nonostante i pezzi appaiono asciutti, alla lunga dimostrano di avere le giuste e concentrate variazioni per annidarsi nella simpatia di chi li ascolta. Gli accorgimenti sui suoni e qualche buona idea, come l’incursione di alcuni synth nei pezzi, dimostrano il buon grado di elaborazione degli stessi. Una furia continua, un grado di rabbia atroce e poi saturazione delle atmosfere, il freddo e spietato attacco dei Cavalera è la giusta cospirazione nei confronti del nostro mondo sopraffatto dall’odio.
(Alberto Vitazle) Voto: 7,5/10