(Westworld Recordings) I Chelsea compiono quarantacinque anni e ascoltando l’opener che è anche la title track dell’album “Meanwhile Gardens”, appare da subito tanto graziosa quanto fondamentalmente ‘moscetta’. Fortunatamente la band che ha avuto i natali da tre elementi dei Generation X, appunto nel 1976, si ricorda di essere un gruppo fondamentalmente punk. Si aggiusta il tiro con pezzi tipo “The Great Divide”, certamente l’allegra, ‘caciarona’ “It’s Friday”, il cui titolo lascia ben intendere di quale momento della settimana si descriva (almeno chi lo ha!), “Why Aren’t We There”, “Worldwide Domination”, “Destination to Nowhere”. Eppure è un punk fin troppo morbido, affatto arrabbiato. A questo punto “Meanwhile Gardens” è probabilmente i Chelsea di canzoni come “Cash”, “Here and Now” dal suo incipit un po’ Police e “Cold Cut” e la stessa title track, ovvero canzoni immediate, giocate su un arrangiamento affatto ignorante o istintivo che possa essere, mostrando anche un certo gusto. Questo non è il punk della rabbia, della denuncia sociale ma è molto semplicemente e realisticamente i Chelsea di oggi. In “Meanwhile Gardens” figurano Nic Austin alla chitarra, il bassista Mat Sargent, il cantante Gene October con i contributi di due elementi della formazione del 1972, Martin Stacey e Bob Jesse. Inoltre partecipano anche James Stevenson, presente nel debut album, Rob Miller, presente nell’album “Traitors Gate” e Mike Spenser dei The Cannibals all’armonica. La copertina dell’album a suo tempo è stata disegnata e affissa dalla band nel retro del tour bus e proprio durante l’ultimo tour che molte canzoni di “Meanwhile Gardens” sono state scritte. Poco più di quaranta minuti diretti, semplici forse non banali. Certo, a malincuore la band sembra flebile nella sua forza, allo stesso tempo è carica di quel lato melodico che i Chelsea in quarantacinque anni hanno pur sempre dimostrato e non meno di altri loro coetanei magari più blasonati.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10