(Metal Blade Records) Sesto album in carriera per una realtà dell’heavy metal che si è vista tributare i legittimi onori attraverso il tempo. Dopo uno split durato diversi anni, la band riprende il proprio cammino e se “Forever Back”, album del 2020 QUI recensito, riaccende la passione di tutti i metallari del globo, “Dark Parade” è la certezza che i Cirith Ungol sono una divinità a parte nell’olimpo del metal. Un nome preso a prestito da un passo montano ideato da J.R.R. Tolkien, una robusta attività tra la fine degli anni ’70 e i primissimi anni ’90, la comprovata purezza che è fonte di ispirazioni per tanti, sia in campo heavy metal che in quello power e doom e senza tralasciare venature occult rock che da sempre rimontano nelle loro sequele di riff e ritmi. Le chitarre di Jim “Jimmy” Barraza e Greg Lindstrom sono splendide, un sound genuino, caldo e autrici di riff e sequenze di note epiche, cerimoniali, frementi di storia e melodicamente ispirate. In ogni pezzo il guitarworking è supremo, ossatura del tutto. “Sailor on the Seas of Fate” possiede un riff portante tra i Black Sabbath e musica classica, con l’atmosfera di un rituale che si svolge in altri mondi. Sono otto le perle nere di questo nuovo album, per ognuna ci sarebbe un discorso, un’opinione da esprimere o il silenzio che prosegue dopo averle ascoltate per lasciarle meglio risuonare nella mente. “Dark Parade” è di una bellezza oscura, a tratti sinuosa, come la canzone “Relentless”. Sulfurea e ossianica, degna delle migliori tradizioni occult rock e “Down Below” rappresenta l’apoteosi del doom dai risvolti gotici. “Velocity (S.E.P.)” tipica tigna dei Cirith Ungol, andatura selvaggia, riff possenti e assoli micidiali. Apertura dell’album eccellente. Granito, sequenze epiche, occasionali tratteggi misteriosi e voci fiammanti quanto infuocate, i Cirith Ungol in “Dark Parade” esprimono il loro essere in piena totalità.
(Alberto Vitale) Voto: 9/10