(autoprodotto) Strana la storia di questa band nata nel 2011, con all’attivo un EP e -con questo- due album. Agli inizi si trattava di una vera e propria band, con quattro elementi, ma i successivi cambi di line up e l’evoluzione del progetto ha portato i Cold Lands allo status di one man band, capitanata dal fondatore Alexandre Martorano, il quale comunque si avvale degli altri musicisti per le esibizioni live. I Cold Lands sfiorano il metal, lo inglobano, ma sono sostanzialmente orientati verso un rock atmosferico, alternativo, ricco di malinconia e decadenza, un po’ sulla scia dei Leprous senza esagerare comunque sulla direzione progressiva, rimanendo più diretti, anche se decisamente sensuali e suggestivi. C’è anche una forte similitudine con certe epoche dei Katatonia, pur con arrangiamenti più complessi e creativi. Bella la voce di Alexandre, brillante, poetica, ma molto energetica, una voce che l’impostazione dei brani forse non lascia scatenare alla massima potenza che il vocalist potrebbe esprimere. Pungente la opener “The Moon Circle”, brano strumentale ricco di malinconia. “The Liars Prayer” regala chitarre provocanti sfociando su un metallo di stampo gotico molto incalzante. Introspettiva e ricercata “My Vision”, impostazione progressiva su “City of Water”, una traccia alternative rock piena di groove. Dualità su “Crossing”: la delicatezza tetra della componente soft e la impetuosa aggressività della parte distorta. Bellissimo il pianoforte sulla struggente “Wasted in the Wind”, divagazioni pop, spunti nu-metal addolciti, un ottimo potenziale in direzione radiofonica con “I Begin”. Irresistibile l’arrangiamento delle strofe su “The Blue Men”, un pezzo che accelera ed ingloba un frangete molto tecnico e decisamente tagliente. Rock moderno che ricorda nuovamente i Leprous su “He’s Coming”. Mestizia sulle note di chitarra classica di “Here You Are”, prima del romanticismo moderno offerto dalla conclusiva “The Winged Fog”. Band e album molto interessanti: nonostante la componente metal sia limitata, c’è tuttavia molta forza in questi cinquanta minuti di musica, una forza rinchiusa in dimensioni lontane dalla luce, piene di tristezza inquieta, sofferta, instabile e ricca di poesia. L’artista è riuscito a comporre brani molto intelligenti, sempre ricchi di dettagli interessanti, capaci di attrarre potenzialmente un pubblico dentro una gamma molto ampia di gusti musicali.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10