(Barbarian Wrath) Ormai ogni pubblicazione di questa band originale è per me fonte di immenso piacere. One man band che da poco si è stabilizzata sui due elementi, di origine olandese, orientata al black metal… ma nel senso classico del termine. Qui non ci sono blast beats, screams e growl estremi. Il singing è si spinto verso certi limiti, tirato per certi versi, ma in questo album regna sovrano il puro heavy metal. Un album costruito su riff heavy metal, a volte spinti a livelli più veloci, ma pur sempre heavy metal. Lavori ritmici dove il basso viene esaltato, le tastiere creano contorni, dove il drumming è cadenzato e a sostegno di melodie ripetitive… ricorrenti… sataniche! Oltre un’ora di durata, e ben dieci canzoni. L’album apre e chiude con due rituali di dieci e quindici minuti rispettivamente, i quali rinchiudono altre otto tracce poderose, coinvolgenti, esaltanti. La opener “Battle Sky” è immensa. Il riff è contagioso, gli inserti corali di tastiera hanno quell’innocente feeling perverso e ribelle che si sentiva tempo addietro. Il drumming è piatto, pulito, mai esaltato, mai spinto verso tecnica poderosa… e per questo risulta ipnotico e decisamente stupendo. “By Hammer And Blood” è quello che io definirei il singolo del disco: arricchito da linee di basso calde e voluttuose, apre con una tastiera inquietante, e si sviluppa con ritmica lineare, basso che costruisce muri di groove, chitarra tagliente e voce assurda come in tutte le canzoni. Bello il gioco di chitarra e tastiera dopo metà canzone, una artigianale costruzione atmosferica che rivela la sua semplicità ma anche l’irresistibile feeling. Più tirata “Vengeance Of The Slain” che lascia poi spazio al secondo singolo (sempre secondo il mio gusto): “Beneath The Eye Of Wisdom”, metallo diretto, schietto, antico ed impattante. Giochi con tastiere, come agli albori del black metal sinfonico su “Confessions Of A Polytheist”, altro pezzo con un basso irresistibile ed una parte melodica di chitarra capace di costruire quell’atmosfera speciale dentro l’intera atmosfera della canzone. Quasi la versione “black & heavy” dei Manowar sulla bella “Pray For The Cult”, mentre la conclusiva “The Last Temple” crea uno scenario unico e travolgente evidenziando anche un passo avanti nel songwriting, come se il pezzo fosse molto più recente degli altri e fosse finito sul disco con materiale più datato. Devo assolutamente confermare ciò che scrissi quando recensii “Sermons Of The Infidel”: è musica ovvia, senza dettagli o particolari innovativi; è musica, in un certo senso, quasi amatoriale perché certi passaggi, certe costruzioni, certe evoluzioni sembrano pensate da una band che si affaccia per la prima volta alla scena, attingendo a piene mani da ciò che si sente in giro. Ma la verità è che questo è lo stile dei Countess. Ed è unico. E’ uno stile al quale non riesco a resistere, che mi cattura, mi avvolge, mi coinvolge. La semplicità compositiva è distintiva, ed p capace di costruire una scena in equilibrio tra il vintage ed il dilettante, offrendo a piene mani il carisma del primo e la purezza spudorata del secondo. Il risultato è efficace, intenso, irresistibile e dannatamente intelligente! Fantastico!
(Luca Zakk) Voto: 8/10