(autoprodotto) Ho sempre avuto una perversa ammirazione, quasi devozione, per la mitica contessa Báthori Erzsébet… e non sono certamente il solo, visto che il suo nome riecheggia in lungo e largo nel mondo del metal (ma anche letteratura, cinema, ecc): band che portano il suo nome, canzoni che parlano di lei, concept album che trattano della sua vicenda (come il capolavoro “Cruelty and the Beast” dei Cradle of Filth). Questo progetto, però, ha qualcosa di particolare in quanto non si tratta della solita congrega di maschi metallari che si lasciano trasportare dall’erotico cannibalismo spirituale della contessa… piuttosto siamo di fronte ad una ragazza, Rachel Bloodspell Moongoddess, ovvero Rachel Ann Roomian… precedentemente bassista per altre band (come Xasthur) e… secondo Metal Archives… pure con una carriera pornografica alle spalle (tanto per alimentare le suddetta ammirazione perversa). La release è una specie di debutto con il nuovo moniker, ma non bisogna dimenticare che l’artista ha già pubblicato come Erzsebet qualcosa nel 2017, il disco intitolato “Black Spell”. Tuttavia questo nuovo lavoro si spinge oltre visto che è anche una prova artistica a tutto tondo: Rachel non solo ha studiato fin da ragazza il piano classico e la chitarra jazz, ora sta anche studiando l’arte del liutaio, tanto da costruirsi gli strumenti (bassi e chitarre) che suona su questo disco; Rachel poi si occupa di ogni altro strumento, voci comprese, esclusa solo batteria affidata a Steve Peacock (Spirit Possession e Pandiscordian Necrogenesis), dando vita ad un mini-album maledettamente e favolosamente lo-fi, destabilizzante, pregno di malvagità, devoto al rumore e a quel catturare il suono in modo rudimentale, grezzo, ancestrale. Sei brani. Corti. Essenziali. Black metal primordiale, spesso sedotto dalla voce eterea dell’artista, come evidenziano pezzi quali “666”. Meno di venti minuti di pura, assoluta, devastante perversione… sicuramente non solo sonora!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10