(Autoprodotto) Indomabili ed immortali gli olandesi Countess che arrivano al quindicesimo disco in quasi venticinque anni di attività. Fedeli alla vecchia scuola, un metallo che ignora le evoluzioni e che rimane essenziale, fedele alle origini, diretto… veramente old school, evocando le primissime apparizioni del black metal, quello della prima ondata, quello che ancora non era definito tale. Il nuovo album vede l’arrivo del nuovo drummer, pure del nuovo tastierista e per la prima volta in tanti anni compaiono anche dei testi in Olandese, tanto per affondare ancor di più la lama dentro le carni del concetto black metal. Qui siamo prima del growl (piuttosto è una voce spinta ‘oltre’), il basso è chiaro e pompa forte, le chitarre sferzano, le tastiere creano epicità. Dannato heavy metal di pregiata e pura fattura, un heavy metal che della qualità se ne frega abbastanza, puntando tutto sull’efficacia, sul quell’alone “malvagio”, su quella indole che fa mostrare il dito medio a tutti. Senza eccezioni. Feroce “Runenlied”, classica “Fly The Battle Flag”, cadenzata ed oscura “Fires Of Destiny”. “Rise Of The Horned One” è travolgente con quel riff estremamente classico e le tastiere che rappresentano gli albori del symphonic black. Molto melodiche “Plague Upon The Pious” e “Today Is A Good Day To Die” mentre è coinvolgente la tastiera di “Choir Of The Valkyries”. Ipnotico il mid tempo melodico della conclusiva “Bard Van Het Verleden”. Su un album dei Countess ci trovate i vecchi Venon, Bathory… ma pure i Manovar, ed un’altra mezza dozzina di elementi classici che stanno alla base di qualsiasi cosa si senta oggi (…e domani) nell’ambito heavy. Su un album dei Countess ci potete davvero mettere la mano …anziché sul tradizionale fuoco. Garanzia di metallo scintillante, tagliente, rovente e maledettamente fedele al suo credo primordiale, alle origini, al significato di tutto il genere.
(Luca Zakk) Voto: 8/10