(Steamhammer / SPV) Ci spero da un decennio, ma le cose non sembrano tornare indietro. Il passato non è il presente, anche se certe emozioni avrebbero il sogno segreto di ritornare, di esistere nuovamente, di rivivere. Ho amato i Crematory alla follia, parlo dei primi Crematory, parlo di quelli degli anni ’90. Parlo di quella stupenda band che ha firmato pezzi memorabili quali “Tears Of Time”, “Transmigration”, “Shadows Of Mine”, “…Just Dreaming”. Una band che forse ha cessato di esistere dopo il primo decennio. Una band che negli anni ’90 aveva un significato e che dagli anni 2000 ha dissolto la sua consistenza. Ed è infatti con l’album del 2000, “Believe”, che si vede l’ultima rappresentazione di quella catena perversa che offriva in ogni album la title track del… precedente, regalando un significato magico, oscuro, continuativo, diverso. Il passaggio da un originale, potente ed estremamente personale gothic death ad un industriale-gothic privo di tratti distintivi, sicuramente non quelli che aveva caratterizzato la band degli inizi. Comunque, come in una ricerca disperata, io mi auguro sempre che ci sia un nuovo album dei veri Crematory, quelli che amavo, i Crematory capaci di fare qualcosa di unico; ma, apparentemente, nemmeno “Antiserum” riesce ad appagare questo mio desiderio, ponendomi di fronte ad un altro disco industriale, un industriale anonimo in mezzo alla scena, con Felix -il vocalist- che non riesce ad offrire la resa tipica del suo stile per il semplice fatto che la sua voce non è assolutamente fatta per questo genere. Undici tracce ben registrate, a tratti gradevoli, ricche di elettronica ben concepita, ma in un contesto anonimo, privo di sostanza a partire dalla stessa copertina che cerca di creare la grottesca atmosfera dei primi lavori senza riuscirci minimamente. Alcuni pezzi hanno idee decenti: “Antiserum” non è male, l’introduzione e “Until The End” sono attraenti, ma cose a vaga direzione dance/tecno come “Inside Your Eyes” e “Virus” sono decisamente incompatibili con questa band. Un disco che, anche se molto ben registrato, non rimarrà nella memoria, che finirà nel mucchio come moltissime altre release odierne, sepolte dall’iper produzione digitale e maledette da una omogeneità compositiva terribile. E’ normale; forse è normale succeda con tante bands in giro, ma qui stiamo parlando di un act rivelazione di oltre vent’anni fa. E questo perseverare su direzioni anonime e prive di sostanza è quantomai triste. Forse lo split del 2001 non avrebbe dovuto essere seguito dalla reunion. Non in questi termini, non a queste regole.
(Luca Zakk) Voto: 5/10