(My Kingdom Music) Dopo sei anni da “Give Us the Power to Do Your Evil” e diciotto anni di carriera, ecco che Ingar Amlien pensa e registra un nuovo album. Con lui c’è il batterista Kjetil Hektoen e Rebo, tastiere e chitarre. Per l’occasione sono stati reclutati anche Kjell Arne Hubred, chitarra ritmica, e Stian Aarstad, tastiere. “In the Presence of Death” è un blackened death metal senza troppi fronzoli. Il sound è ben definito, ma i toni sono oscuri e i suoni a tratti anche ruvidi, pur avendo la totale percezione d tutti gli strumenti che si esibiscono. Si nota come il lavoro vocale di Amlien sia ben rifinito, visto che le sue linee vocali tendono a seguire spesso le oscillazioni della musica, apportando così un ulteriore aspetto melodico a questo clima plumbeo. Anche il basso è in buona forma e aiuta a rendere il riffing e i pattern più pieni. Dal punto di vista stilistico se è vero che questo lavoro è in buona sostanza un blackened death metal ricco di sfumature e non esercita solo l’aspetto feroce del genere, i passaggi e le sfumature stesse nel songwriting permettono di ascoltare cose di natura thrash metal e che ricordano vagamente quello dei Celtic Frost. Dunque un sound oscuro, da notte fonda per via di melodie inquietanti e a tratti gotiche. Su tutte ci sono quelle di “From the Dead”, canzone nella quale spunta anche un moog o comunque qualcosa che gli somiglia. “The Priest from Hell” è uno dei migliori esempi di questo old school che grava nei pezzi, oltre che nelle escursioni soliste di Rebo. I Crest Of Darkness non sono però da considerarsi come un esempio di revival; la migliore caratteristica di questo nuovo album è la melodia, della quale se ne fa un uso continuato, attraverso tematiche nere infuse in strutture musicali vecchie ma ampiamente personalizzate.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10