(Freezing Penguin / Svart Records) I Curimus nascono a Loimaa (Finlandia) nel 2004. Dopo quattro demo, registrati tra il 2006 e il 2010, pubblicano il primo full “length” “Realization” nel 2012. A distanza di due anni, esce questo “Artificial Revolution”. Il genere proposto è thrash metal di matrice scandinava: riffs slayeriani, feroci, letali, una voce rabbiosa, ai limiti del death metal, drumming ossessivo, potente, il tutto arricchito da passaggi melodici azzeccati, che conferiscono una certa dinamica all’album, rendendolo molto scorrevole, e personale. Confesso che temevo, ad un primo ascolto, di trovarmi davanti all’ennesima scopiazzatura dei vari The Haunted, Hatesphere, Darkane e migliaia di altre thrash metal bands nordiche, ma l’uso intelligente di rallentamenti e le melodie allontanano qualsiasi rischio di annoiare. Un dolce arpeggio apre “Reincarnation”, primo pezzo dell’album. Pochi secondi e dopo la quiete si scatena la tempesta: riff veloce, di chiara scuola Slayer, cantante che sputa le tonsille, cambio di tempo a metà canzone e, colpo di grazia finale, una nuova accelerazione; “Free-Standing Nation” rallenta leggermente la velocità, risultando una song più “quadrata”, mi ricorda un po’ gli ultimi Kreator. “No Feast For The Vultures” si apre con un riff marziale, alla Pantera, si sviluppa con un’armonizzazione che richiama molto gli Iron Maiden, mentre nel finale viene ripreso il riff portante. Ancora riffs Slayeriani nella successiva “Faith & Obsession”, una fucilata in pieno volto, nuovo rallentamento, voce pulita, poi screaming, nuova accelerazione che ci accompagna fino a fine canzone. Più tradizionalmente thrash, “Love Song”, ha un riffing sulla scia degli Exodus di “Toxic Waltz”; sono sicuro che dal vivo creerà una bolgia in mezzo al mosh pit. Ai limiti dell’hardcore la furiosa “In The Darkness”, come la successiva “Blade In – Blood Out”, con linee vocali che ricordano i Sepultura di “Chaos A. D.”. un po’ anonima si rivela “Preachings”, molto lineare, quasi punk, si riprende nella parte finale, con un bel cambio di tempo. Molto meglio “Unchained”, estremamente varia, ricca di cambi di tempo, partendo da un riff stoppato e molto cadenzato che lascia il posto a blast beats ai limiti del grind core. Cambi di tempo a raffica anche per la successiva “Depraved”, la canzone più lunga dell’album, mentre la conclusiva “Born Yesterday”, dopo un arpeggio di chitarra acustica, parte furiosa con un riff che sembra uscito dagli Slayer dei bei tempi. Devo dire che l’album mi ha davvero sorpreso: ero partito prevenuto, come detto prima, ma mi sono dovuto ricredere. Non è facile essere originali suonando thrash metal, lo dico da amante di questo genere, le cose migliori sono già state fatte in passato. Tuttavia, devo ammettere che “Artificial Revolution” mi ha coinvolto molto, le canzoni sono tutte di buona fattura e le doti tecniche della band hanno reso l’album fresco ed accattivante.
(Matteo Piotto) Voto: 7/10