(AFM Records) Dinseyland After Dark. Forse l’unica band che è riuscita a farsi fare causa legale dalla Walt Disney Company. L’unica band che ha cambiato molte volte il nome per ragioni assurde: D.A.D, dopo la causa, D:A:D, perché gli andava. Ed infine D-A-D perché con i due punti il nome era incompatibile con il mondo digitale, quello di internet. Gente che suona assieme da trent’anni, con una line up che è rimasta quasi invariata. Il loro hard rock ha sempre imposto uno stile diverso, forse l’ispirazione del movimento mescolato con l’inconsueta provenienza per una band del periodo d’oro degli anni ’80: Danimarca. Sempre ironici, nell’atteggiamento, nei testi… fino ad oggi, con quello strano titolo che rappresenta semplicemente il moniker originale, censurato dalle leggi, riproposto in forma sballata, riproposto scritto come suonerebbe pronunciato nella gutturale lingua madre della band. Un titolo emblematico, ma realista: l’album racchiude l’energia di tutta la carriera di questa band, spesso poco valutata, poco seguita, ma estremamente valida, unica, creativa. Questa edizione dell’album del 2011, offre un secondo disco, con ben sedici bonus tracks le quali comprendono versioni acustiche e live di canzoni dell’album e storiche della band. L’album rappresenta un esempio di hard rock di altissima qualità. Ben suonato, ben concepito. Risulta in qualche modo grezzo, diretto, sincero, senza elaborazioni particolari, come quasi fosse una grande improvvisazione registrata e mixata con cura. La opener “A New Age Moving In” è roba vecchia scuola: brutta, sporca e molto cattiva. Suona estremamente grezza, con la voce di Jesper che rende il tutto ancora più graffiante. Musica da strada, scritta in strada e suonata per strada. “Fast On Wheels” è una mid tempo di quelle che solo i D-A-D sanno scrivere. Una canzone da godere, una canzone da far entrare nelle vene, sedendosi, guardando un panorama vasto, fumando una sigaretta: tu, la musica, ed il resto non esiste. “Last Time In Neverland” torna sui concetti della opener: killer riff, feeling sporco, goduria totale. “Breaking Them Heart By Heart” è un pezzo dannatamente catchy: un mid tempo carico di elettricità, con un testo stranissimo, un testo che racconta una storia di un qualcuno impersonale, non uomo, non donna, forse entrambi. Forse un demone. “Can’t Explain What It Means” propone quei suoni soffici, delicati, ai limiti dello stile di Chris Isaak, poi violentati da quel riff maledetto, irresistibile, un riff che prende a calci la mente. “Drag Me To The Curb” è micidiale: roba da sparare a tutto volume guidando a duecento all’ora su un’autostrada infinita, di notte. A fari spenti. Le versioni acustiche del CD bonus sono geniali, dimostrando che la band tratta la propria musica con la stessa ironia con la quale tratta la vita stessa. I D-A-D sono forse uno degli act discendenti dagli anni ’80 che anche oggi mostrano totale sincerità. Purezza. Non sono una band che scrive della musica calcolata, per fare del business, per creare hits. “Dinseyland After Dark” è un disco scritto perché doveva essere scritto. Per il semplice fatto che la band voleva scriverlo. Doveva scriverlo. Tutte le tracce sono sostanze che giravano nelle vene dei quattro danesi. Si sono trovati nella condizione di dover sputare fuori tutto, condividere tutto con il mondo. Certe cose bisogna esternarle, è una questione di sopravvivenza. È il fuoco del rock che non vuole estinguersi.
(Luca Zakk) Voto: 9/10