(Massacre Records) Dopo l’ottimo esordio “Bringer of Light” (recensito QUI), si riaffacciano sul mercato gli inglesi Damnation Angels: “The valiant Fire” ce li mostra esattamente dove li avevamo lasciati, il che è simbolo di coerenza ma anche, forse, di una certa staticità… Con “Finding Requiem” sembra di sentire i Kamelot, o forse i Nightwish con voce maschile: il sound è boombastico e rotondo, gli arrangiamenti sono molto carichi e cinematografici (più volte, anche nei pezzi successivi, sarà facile trovare richiami allo stile di Hans Zimmer o alla colonna sonora di “Inception” – ad esempio, il lungo strumentale “The Fire inside” sembra fatto per commentare il Batman di Nolan). Incalzante, ma molto easy listening, “This is who we are”; con la lunga “The Frontiersman”, di oltre nove minuti, i britannici omaggiano nuovamente, come nel primo album, il Giappone (da cui provengono la maggior parte dei loro fan): ed ecco così un altro pezzo che, come “Pride (The Warrior’s Way)” dal debut, sarebbe stato benissimo nel film “The last Samurai”. Ricca di pathos (e con un buon refrain) anche “Closure”, mentre sono addirittura gli HIM che aleggiano sulla potente power ballad “The Passing”. Con “Under the ancient Sun” il disco si chiude sostanzialmente come era inziato: melodie potenti, arrangiamenti che ancora strizzano l’occhio al Sol Levante, partiture sinfoniche di grande impatto. Un insieme molto ben confezionato, ma che sembra quasi una semplice estensione del debut: e un paio di canzoni sono onestamente troppo lunghe.
(René Urkus) Voto: 7/10