(Scarlet Records) Amo i Dark Moor: li ho amati agli ingenui esordi power, quando ci cantava Elisa C. Martin; li amavo durante la fase centrale della loro carriera, a mio giudizio la migliore, quando ci hanno regalato perle del power come “Beyond the Sea” o “Autumnal”; e in fondo li amo ancora adesso, che è difficile definirli power metal (se non addirittura metal…), e nel loro sound sono entrati di prepotenza elementi rock che hanno alleggerito, e non poco, l’insieme. Ma la classe non è acqua, e anche questo decimo full-“length”, con il suo titolo emblematico, è un centro sicuro. L’intro dai toni futuristici mi aveva fatto temere un cambio di rotta, ma “Abduction” è 100% Dark Moor: le tastiere potenti ed epiche, giusto con qualche tono sci-fi in più; le splendide armonie vocali di Enrik Garcia; il ritornello arioso che si memorizza al secondo ascolto… tutto è al suo posto, con queste minime varianti tematiche che rendono il tutto ancora più accattivante. Già alla seconda posizione in scaletta, gli iberici sparano “Beyond the Stars”, brano molto tipico della loro produzione più recente: una sorta di power ballad con cori rock molto limpidi e un impianto sonoro che rimanda senza dubbi ai Queen. Ancora più scoperta in questa direzione ‘soft’ la bella “I want to believe”: chitarre acustiche, cori praticamente gospel, struttura ariosa e godibile. Sono gli stessi elementi che troviamo in “Bon Voyage!”, mentre “Imperial Earth” dispiega un classico power non lontano dagli Stratovarius. La solare “Gabriel” si chiude con un richiamo agli spilberghiani “Incontri ravvicinati del terzo Tipo”; naturalmente la suite conclusiva “There’s Something in the Skies” lascia agli spagnoli tutto lo spazio per sbizzarrirsi, passando da momenti rockettari a cori epici fino al refrain classico-sinfonico. I tempi delle cavalcate in doppia cassa sono finiti… ma i Dark Moor sono ancora sulla cresta dell’onda.
(René Urkus) Voto: 8/10