(Osmose Productions) Un nuovo album dei Darkestrah è sempre un bene, una delle cose migliori che possa accadere. La band che ha origine nel lontano Kirghizistan, rappresenta un punto di incontro nel terreno del black metal tra tradizioni, magia, cultura europea e asiatica. Darkestrah è la definitiva affermazione del black metal con sporadici elementi atmospheric, il contributo di cospicui elementi folklorici, il tutto avvolto non da meno da una sua visionarietà spirituale, mistica. Alla voce c’è Charuk che solo ora riusciamo forse a comprenderne la sua valenza nel sound generale, dopo che dal 2020, anno del suo ingresso in formazione, a oggi la sciamana in carica ha potuto manifestarsi solo in poche canzoni. “Nomad” si identifica da subito, cioè dall’intro “Journey Through Blue Nothingness” e la seguente, evocativa quanto potente “Kök-Oy”, come uno dei momenti più intensi e validi nella discografia della band. La perfetta simbiosi tra gli elementi metal e il retaggio tradizionale di una terra antica, si avverte nella title track che con le successive “Destroyer of Obstacles”, “Quest for the Soul” le quali superano tutte abbondantemente i nove minuti di durata, le quali rappresentano una lungo viaggio nel quale il black metal si attorciglia con quello scream sinistro di Charuk, i riff taglienti e saturi di epica ancestrale, coronata dalle inserzioni di melodie evocative e messe in piedi anche con il folk, rendono il contesto il frutto di un’ispirazione unica. Charuk canta anche in clean, mostrandosi come una sciamana più unica che rara. Per ogni sezione dell’album si eleva una coltre sonora che forma davvero un’atmosfera, comunicando una sensazione di vastità indefinibile e mistica, a tratti solenne. “The Dream of Kojojash” è la composizione, di circa cinque minuti di durata, di puro black metal dal passo misurato, le chitarre ipnotiche e granitiche, con quella linea evocativa e suggestiva di sintetizzatori che opera alle spalle, in sottofondo. “Quest for the Soul” è la composizione più poliedrica, multiforme, una sorta di prog. L’outro da questo viaggio è “A Dream that Omens Death”. “Nomad” conferma l’unicità dei Darkestrah, sacerdoti di un’arte ignota e vasta quanto terre millenarie.

(Alberto Vitale) Voto: 9/10