(Peaceville Records) Molti di coloro che non gradirono la svolta di alcuni anni fa da parte di Fenriz e Nocturno Culto, probabilmente non intuirono (e forse ancora oggi) l’idea canzonatoria e tributo insieme verso le loro (dai su, diciamo nostre) radici e forse di un’intera scena musicale. Ovviamente quella metal. Da “F.O.A.D.” (ma io ci metterei anche “The Cult Is Alive”) in poi il sound black metal dei Darktrhone è diventato black ‘n roll, epic speed/heavy metal e punk insieme. Insomma hanno preso a suonare canzoni infognate nell’heavy metal anni ’80, riff che in più occasioni son sembrati provenire dall’hardcore o dal punk e da tutto quell’universo metal anni ’80, a cui in molti hanno fatto riferimento negli anni. “F.O.A.D.” era un capolavoro, almeno per me, “Circle the Wagons” era meno immediato e andava a imbastardire ancora di più il sound precedente, con nuove influenze e rimandi. L’odierno “The Underground Resistance” ricalca le orme dei due album precedenti. Registrato al solito Necrohell 2 (il covo del duo) e masterizzato da Jack Control all’Enormous Door, Texas USA, “The Underground Resistance” (titolo idealmente collegato al precedente lavoro del 2010) propone sei pezzi. I primi 30” di “Dead Early” fanno pensare ad un possibile ritorno al black metal, ma è solo un’illusione. Il riff introduttivo cede ad una classica sequenza heavy-thrash metal che sprigiona una cavalcata acerba, ruvida e tipicamente Darktrhone insieme. Da subito si nota come Fenriz opti per uno stile sempre asciutto ma terribilmente più indiavolato e sostenuto. “Valkyrie”, che sicuramente diverrà un cavallo di battaglia e un inno per tutti i fan, vede un incipit acustico che sembra un improbabile tema western, ripreso poi con la distorsione della chitarra elettrica. Fenriz dichiara che il nucleo del brano è nato nel 2010 (si sente il clima di “Circle the Wagons”, anche se la canzone è posteriore alle registrazioni dell’epoca) e nella sua prima parte ricalca lo scorrere di “Gypsy” degli Uriah Heep, ma anche le note degli Iron Maiden del 1981. Qualsiasi cosa abbia indotto a realizzare la canzone, di sicuro ha avuto un ottimo effetto, infatti il refrain vocale è struggente e solenne insieme, direi anche viking, e non lo si dimenticherà come il riff portante del pezzo. “Lesser Men” mette a nudo il retaggio più duro e cattivo di questa ex band black metal. Il riffing è nero, ringhiante e robusto perchè abbondantemente pompato dall’heavy e dal thrash metal (quest’ultimo stile è molto più in vista nella nuova release rispetto alle due precedenti). “The Ones You Left Behind” è NWOBHM, ma suonata dai Darkthrone e a dirlo non sono io ma lo stesso Fenriz in alcune note d’accompagnamento a “The Underground Resistance”. Riconosco una certa monotonia nello srotolarsi del riff, quel genere di serialità (tipica di questa band) trovata anche in altre canzoni, degli ultimi anni e non solo. “Come Warfare, the Entire Doom” solleva sensibilmente il minutaggio, rispetto ai 5’ medi delle altre canzoni arrivando ad oltre 8’, attraverso una prima fase sepolcrale e una successiva gamma di riff che rendono il brano comunque vivace nonostante la sua durata. “Leave No Cross Unturned” chiude l’album con i suoi quasi 14’, candidandosi ad essere un suite di “metal revival”, per il riffing (c’è un pezzettino di Iron Maiden che ritorna a più riprese e una coda alla Black Sabbath) e il relativo autocitazionismo di quest’ultimo. A dirla tutta, se avete ben presente cosa sono i Darkthrone in questi ultimi anni, probabilmente “The Underground Resistance” al secondo ascolto vi sembrerà totalmente famigliare. Due parole finali e un po’ fuori dall’analisi dell’album e in totale libertà. Probabilmente di “The Uderground Resistance” qualcuno vi racconterà che è sempre lo stesso stile, quello delle ultime pubblicazioni. Probabilmente vi spiegheranno che “ormai” i Darktrhone hanno questa fissa dell’old school, che non sono più se stessi, che non sono bleack metal (come se fossero dei traditori della patria) e che ripetono sempre lo stesso riffing. Bene, sappiate che i Darktrhone sono la copia di se stessi da “A Blaze in the Northern Sky”. Non sarà una nuova copia di se a bollare negativamente la band. Questi sono i Darktrhone o vi piacciono oppure dovete ignorarli. Questo assioma non vake da oggi, ma da almeno 20 anni. Niente compromessi, vie di mezzo o altro. Lasciate perdere il loro passato, spesso pieno di contraddizioni. Se amate i luccichii della Nuclear Blast, la serialità della Massacre, il metal estremo pompato ed aggiustato dai software e l’elettronica delle consolle allora non avvicinatevi a questo lavoro.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10