(Amor Fati Productions) Non si discosta dal suo obiettivo il duo tedesco che giunge a questo quarto album!Black metal potente, suggestivo, atmosferico, rigorosamente in lingua madre e come sempre orientato alle storie di miniere, di minatori, storie provenienti dalla Germania e da tutta Europa. Questa volta, con questo intenso lavoro, viene trattato il ruolo del fabbro di montagna, figura essenziale per il funzionamento dei labirintici abissi di quelle tetre miniere, le quali nei decenni hanno regalato tanto brillante benessere quanta orribile morte. Un disco poderoso, intenso, curato, un disco nel quale folk, atmosfera e black metal si intrecciano, si inseguono, si sormontano, si affiancano, dando vita ad un’ora evocativa, suggestiva, attraente. Otto brani che seguono un percorso narrativo: si parte dalla montagna stessa, attraverso un giuramento non privo di disperazione, poi via verso l’onore meritato con questa arte magica che materializza incantesimi con il metallo e con il fuoco, dando vita a storie che alimentano le saghe accrescendo la conoscenza, fino al sacrilegio, fino alla morte. Graffiante “Der Bergschmied I: Mein Berg”, canzone introdotta da un ottimo pianoforte la quale evolve poi verso una mescola di black feroce con black più mistico sulla scia dei Lunar Aurora. Irresistibile la corposa “Der Bergschmied II: Der Eid”, pezzo da oltre i dieci minuti ricco di black, di mid tempo, di melodia, di atmosfera tetra, di feroce teatralità. Il folklore non può mancare in una simile narrazione, pertanto la chitarra classica ed i cori di “Der Bergschmied III: Desperatio” alimentano il fuoco di un rituale occulto, seguito dalla ferocia di un brano come “Der Bergschmied IV: Zauberwerk”, nel quale convivono un tremolo forsennato, un groove micidiale, dei blast beats disumani ed un generale stato d’animo capace di trasportare dentro la storia, facendone percepire l’essenzialità con i suoi odori, i suoi aromi, la sua surreale ambientazione. Black superlativo con “Der Bergschmied V: Sagenlieder”, altra parentesi riflessiva con il folk di “Der Bergschmied VI: Cognitio”, totale oscurità e dannazione con la tecnica celata dentro potente “Der Bergschmied VII: Der Frevel”, prima della maestosa, epica e conclusiva “Der Bergschmied VIII: Sargdeckel”. I Dauþuz sono cresciuti ulteriormente, avanzando notevolmente rispetto al passato, anche nei confronti dell’ottimo ultimo EP “Grubenfall 1727” (recensione qui). La musica dei Dauþuz ed in particolare quella contenuta in “Vom schwarzen Schmied” richiede dedizione, abbandono, pura devozione: uno stato mentale privilegiato il quale, oltre ad assicurare una fruizione superiore di questo grandioso album, sarà in grado di spingere la mente verso quelle fiamme intense, verso quel metallo fuso e poi giù, verso il basso, nel profondo di quegli abissi, verso quel glorioso ignoto, verso le tenebre… un percorso leggendario che può portare alla gloria… o verso il più tragico e desolante oblio.
(Luca Zakk) Voto: 9/10