(Wickerman Recordings) Quarto lavoro (quinto, se consideriamo l’EP “Frequencies”) per gli Inglesi De Profundis, band dedita ad un death metal pesantemente contaminato da parti progressive e jazz. La tecnica individuale dei musicisti è strabiliante, sia per quanto riguarda l’aspetto solista, sia per quello ritmico (monumentale l’apporto del bassista Arran McSporran). Se questa caratteristica in sé è positiva ed essenziale nel genere proposto, nel caso dei De Profundis diventa, talvolta deleteria, per via della tendenza narcisista ad abusare delle doti tecniche, infarcendo i brani di orpelli che sovente li rendono dispersivi e poco immediati, togliendo quell’aggressività e quel mordente che sono fondamentali in ogni disco death metal che si rispetti. Abbiamo a che fare, quindi, con musicisti sopraffini dal punto di vista esecutivo, ma che peccano un po’ di presunzione dal quello compositivo. I pezzi in sé stessi sono ben costruiti, e presi singolarmente sono spesso entusiasmanti, ma ascoltare un album intero di un’ora diventa un’impresa accessibile solo agli amanti della tecnica tout court. Stilisticamente affini agli Opeth, i De Profundis adottano un approccio più pesante ed aggressivo, evitando le parti arpeggiate e le voci pulite in favore di brutali accelerazioni, mentre la voce si mantiene su un growling abbastanza monotono, con qualche concessione allo screaming di stampo black metal. Un album assolutamente non brutto, suonato divinamente, ma decisamente poco scorrevole e fruibile. Le doti ci sono, manca quel lampo di genio, quel tocco di classe dal punto di vista compositivo che farebbe fare un grande salto di qualità.
(Matteo Piotto) Voto: 5,5/10