(Lucifer Rising Records) Quante cazzate. Vedo striscioni recitare banalità quali “i Death SS sono tornati”, oppure “Grande show al festival del 2017”. Pure io, in testi precedenti, ho usato oscenità quali “ritorno”, “sigillo”… concetti che segnano il tempo, che marcano un ritmo, un percorso, una direzione. Ma se l’armageddon non è una utopia, queste sono tutte stronzate. I Death SS non se ne sono mai andati, quindi non tornano e non torneranno mai: semplicemente ci sono, una esoterica dimensione di immortalità. Non ci sono sigilli, capitoli o mete per una band che va oltre la musica e l’immagine, una band che non solo torna, che non solo persiste, una band che infligge, che offende, che scandalizza. Siamo in un’altra epoca, altri tempi, tempi immortali. I tempi del vinile suonato al contrario, i giorni dove lo sballo chimico era meno interessante dello sballo spiritico tra le tombe di un cimitero buio. I giorni dell’orrore che si fondeva con le tenebre evocate dalla musica rock. Qualche grande concerto o grande ritorno sul palco? Tutti i loro concerti sono grandiosi. Sono da sempre concerti potenti, spettacolari, offensivi e deliziosamente provocanti… perché se così non fossero, non avrebbe senso chiamarsi Death SS. Faccio notare che in una epoca dove anche l’estremismo artistico cerca di compiacere tutti, continuare a chiamarsi Death SS è la prima prova di controtendenza, di pubblica offesa… di pura, vergine e fresca essenza rock’n’roll. Quindi cosa diavolo possiamo aspettarci dall’ennesimo full length di Steve & co.? Risposta: musica. Musica pura, libera, intensa. La libertà artistica si sente negli eccessi sonori di ogni brano. Nel completo rifiuto di una tendenza, di una regola, di una inquadratura stilistica e di genere. I Death SS fanno musica dal 1977… celebrano oggi il trentennale del mitico “…in Death of Steve Sylvester”, quindi cosa vogliamo mai da loro? Hanno più esperienza di qualsiasi ascoltatore o critico, scrivente compreso. Lasciatevi andare con le seducenti spire di “Black Soul”, tanto per entrare in un mood che si eleva tra il tetro ed il meravigliosamente melodico (l’intero disco vanta una chitarra solista da… paura!). La title track prende un po’ da tutta la carriera della band e sputa in faccia un brano rock’n’metal scatenato, un pezzo che dal vivo non può non mietere vittime. Gloriosa “Hellish Knights”. Sublime “Creature Of The Night”, un brano che nella sua essenza metal integra deliziose componenti dark wave che proiettano la canzone fuori da epoche, tempi, mode, generi e gusti: un brano immenso dal refrain assassino! “Madness of Love” va oltre nella dark wave, risultando perversa, maligna e tagliente. Schizoide “Promised Land”, sangue digitale con “Zombie Massacre”, pulsazioni industriali con “The Fourth Reich”. Le vostre perversioni più recondite, più nascoste, meno espresse troveranno finalmente il modo di manifestarsi con quel capolavoro intitolato “Witches Dance”, brano capace di rievocare capitoli supremi della discografia della band (“Panic” in primis!). Se pensavate di aver decodificato i Death SS, inizierete a sentirvi male con “Your Life is Now”, mentre l’agonia sarà terminale con quella perla di genialità western intitolata “The Glory Of The Hawk”. La conclusiva “Forever” è metal, è rock, è dark, è Death SS… ma concentratevi sul titolo… è un suggerimento brutale, deciso, spietato. Ed è quello che vi sto dicendo dall’inizio di questa sbandata divagazione. Questo è rock’n’roll. Questo è occulto. Questa è l’essenza ancestrale dell’heavy metal, della musica cattiva, della musica preclusa e reclusa. Da ragazzo erano le copertine dei Death SS le uniche che dovevo nascondere dalla spietata inquisizione materna: loro sono l’unica entità superstite tra i miti del rock proibito, per il semplice fatto del proibito ne fanno il loro cavallo di battaglia, rifiutando qualsivoglia addolcimento, adattamento o compromesso. I Death SS rifiutano di genuflettersi davanti a qualsiasi idolo, essere dominante o dio… a meno che non si tratti di una entità a loro immagine e somiglianza, una entità sintetizzata dalla loro stessa immagine riflessa.
(Luca Zakk) Voto: 10/10