(Svart Records) Eterei, inquietanti, tanto oscuri quanto brillanti. Chitarre pungenti, melodie avvolgenti, organi che penetrano nella psiche. I psico-doomsters francesi giungono al secondo album, un disco che è stato composto con cura e pazienza in un tempo di tre anni, iniziandone la stesura all’indomani della release del debutto, quasi cercando di catturare, esaltare e portare avanti quella vena creativa che ha reso la band interessante, scuotendo l’underground ed attirando la sempre attenta Svart Records. Suoni carnali, potenti, avvolgenti, analogici, resi molto più intensi dalla registrazione in presa diretta, oltre ad una Lauren Gaynor, la frontman, in grado di iniettare un senso spettrale a quelle atmosfere ombrose capaci di strisciare nella dimensione del rituale proibito. Drammatica e ricca di deliziose dissonanze la opener “The Stronghold And The Archer”, liturgica, lascivamente doomy e capace di spingere in una dimensione parallela “Devoured On The Peak”. Capolavoro “The Ladder”, brano con riff dal sapore gotico, arpeggi grandiosi, un sentore contemplativo senza confini, così come la penetrante “Silent She Comes”, traccia tanto melodica quanto ossessiva, tanto tetra quanto trionfale. Surreale “Shifting Sands”, con quei riff pungenti travolti da una performance vocale sovrannaturale, oltre che da organi ricchi di misticismo, organi che poi si mettono in bella mostra anche sulla graffiante e conclusiva title track. Inni alla malinconia, devozione per qualche forma di esistenza parallela o spirituale. Sei bellissime lapidi, sei profonde iscrizioni funebri, sei incantevoli epigrafi, sei riti magici, arcani, capaci di portare lontano, verso l’unico sentiero che porta salvezza dell’anima, quello che passa per la sua più profonda dannazione!
(Luca Zakk) Voto: 9/10