(Scarlet Records) “Ora Pro Nobis” sfoggia un ritornello maestoso che recita parole reverenziali, «Ora pro nobis / Ora pro nobis / Tenebrae / Miserere nobis» e nonostante tutto è un ritornello in grado di risultare dannatamente catchy. Un ritornello simile potrebbe venire in mente solo a Tobias Forge, ma in questo caso non sono i Ghost ed è forse per questo che proprio quel ritornello non risulta di plastica e lo stesso vale per l’intera canzone. “Ora Pro Nobis” mischia melodia e durezza avvolti da un manto gotico che diventa dannatamente accattivante. Chissà se i Deathless Legacy da ora potranno chiudere un concerto senza eseguire questo pezzo! Si apre così il quinto album di una delle migliori cose che il metal in Italia possa vantare. Sua divinità suprema Steva porta la propria voce e il suo utilizzo a un livello forse inedito fino ad ora. Lei, Steva, non è sola perché la band è musicalmente spigliata e creativa. Quando attacca “Nightfall”, canzone che segue “Ora Pro Nobis”, con il suo passo marcato e il muro delle chitarre e il motivo portante delle tastiere, il tutto lascia poi spazio al ritmo e alla voce di Steva, accompagnata da un tappeto al piano elettrico di Alessio Lucatti (Vision Divine) – autore di tutte le musiche mentre il batterista Andrea Falaschi è autore dei testi – che con i tasti bianconeri sfoggia accordi jazz. Sono dettagli, finezze ma sono le stesse peculiarità che si avvertono sia in questa canzone che nel crescendo melodico e di pathos delle seguenti. C’è una evidente aria gotica in “Mater Larvarum”, tanto cara agli standard della band, ma è limata, smaltata e nasce con l’insieme dei singoli musicisti. Se le tastiere giocano su arrangiamenti in più matrici di stile, nonché di suoni, le chitarre sanno essere base, sfondo, muro sonoro e anche ritmo però sfoderano assoli e armonizzazioni che caratterizzano i pezzi stessi anche con riff di buon spessore. Heavy metal in cui i Deathless Legacy sono oscuri e gotici, tenebrosi e sinfonici, occulti e sono incantevolmente inquietanti come in “Altar Of Bones”. Sono musicisti dal tocco evoluto, prog a suo modo e in senso lato che evita quell’effetto di plastica e a volte banale che si avverte da certo gothic/horror rock e heavy che va per la maggiore oggi. Alcuni brani si aprono in maniera epica, “Absolution” poi è maestosa, nobile e altisonante nelle sue prime battute ma cede a un sublime melodiare di Steva e della musica che diventa appassionata e trasportante. Il testo è la fredda verità del perdono e di chi dovrebbe darlo. I testi seguono una vecchia storia legata a un antico culto ctonio femminile, però l’impressione è che nei testi il sacro e il profano si confrontino. Dunque l’album segue un concept. “Mater Larvarum” supera i 50’, una durata temporale alla quale la band è sovente affezionata.
(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10