(Century Media) Amati od odiati, idolatrati o sbeffeggiati, quel che è certo è che difficilmente i Deicide hanno suscitato indifferenza tra gli amanti del metal estremo. Rimane però un fatto innegabile ed indelebile il contributo dato alla scena death metal statunitense, sia a livello musicale che concettuale. Molte volte sono stati dati per finiti, specialmente dopo la fuoriuscita dei fratelli Hoffmann, dimenticando che il periodo più buio la band lo ha vissuto tra “Insineratehymn” e “Scars Of The Crucifix”, cioè quando Eric e Brian erano ancora in formazione. L’ultimo decennio ha segnato una parziale rinascita per i Deicide, che dopo l’ottimo “The Stench Of Redemption” si sono assestati su livelli più che buoni, anche se a volte alcuni passaggi eccessivamente melodici rischiavano di comprometterne la brutalità che da sempre caratterizza i nostri. Brutalità ritrovata nel 2013 con “In The Minds Of Evil”, con un songwriting che più volte richiama le sonorità di “Legion”. Merito del chitarrista Kevin Quirion, decisamente più thrashy ed incisivo rispetto allo stile melodico del precedente Ralph Santolla. Ma veniamo a “Overtures Of Blasphemy”: la prima novità riguarda nuovamente la line up, con la fuoriuscita di Jack Owen sostituito dall’ascia dei Monstrosity Mark English. La seconda novità è che Glen Benton è tornato a mettere la sua firma in fase compositiva in ben tre brani (l’ultimo pezzo composto da lui era, fino ad ora “Trifixion”, dall’album “Legion”). La terza e più importante novità è che “Overtures Of Blasphemy” è a mio avviso il miglior lavoro targato Deicide dai tempi di “Serpents Of The Light”. A partire dalla conclusiva “Destined To Blasphemy”, caratterizzata da morbosi riffs rallentati alla “When Satan Rules His World” o “Kill The Christian” intervallati da parti velocissime e furiose dettate dal drumming di Steve Asheim, è chiaro che i Deicide sono tornati più in palla che mai. Mai come ora, i nostri sono riusciti a coniugare i due aspetti del proprio sound, ossia le rasoiate velocissime di scuola slayeriana e rallentamenti dove la potenza sostituisce la velocità, il tutto condito da sprazzi melodici dal sapore classic metal. “Seal The Tomb Below” è una mazzata di rara potenza, anche se ricorda davvero molto “Godkill” (da “In The Minds Of Evil”). Il death americano sta vivendo una seconda vita; dopo le ottime ultime uscite di Morbid Angel, Monstrosity e Cannibal Corpse, ecco aggiungersi i Deicide, a dimostrazione che la scena gode ancora di ottima salute.
(Matteo Piotto) Voto: 9/10