(Agonia Records) Estrema oscurità. E’ questa l’emozione dominante del nuovo lavoro dei Norvegesi Den Saakaldte, la band di Sykelig che si è evoluta, nel tempo, da one man band a full line up. Line up che comprende personaggi importanti, che hanno precedentemente militato su act di prim’ordine come 1349 e Gorgoroth… una line up che nel corso della sua storia ha visto l’avvicendarsi di ulteriori figure importanti, quali Niklas Kvarforth (Shining) come vocalist. Cinque anni sono passati dal precedente lavoro, ma questo terzo album è maturo, intenso, ed il nuovo vocalist, Edur (Curse, Fortíð, Potentiam) è devastante, imponente, capace di interpretare diverse situazioni in maniera efficiente. L’album è fondato su teorie black metal, quelle brutali, ma non mancano richiami a groove thrash, ad aperture doom, senza mai dimenticare componenti melodiche importanti. Edur offre un growl graffiante, ma la sua voce riesce a manifestarsi anche con urla, con parlato, clean vocals… togliendo ogni limite al gusto creativo del progetto. L’inquietante copertina (Trine + Kim Design Studio) avvia l’ascolto della violenta opener “Din Siste Dag”, un assalto black metal senza pietà, spezzato da un intermezzo cadenzato, cattivissimo, dove il groove, con una buona dose di melodia, risulta avvincente. Il pezzo già introduce diverse varianti vocali, come il parlato in equilibrio tra clean e torturato. “Forbanna Idioter” introduce componenti folk ma in versione estrema, cosa ripresa in chiave tetra ed atmosferica su “Du Selvproklamerte Misjonær”, pezzo suonato e registrato in maniera esemplare, in grado di offrire il giusto spazio ad ogni singola componente sonora. Carica e groovy “Endeløst Øde”, dove la torturata clean vocal sembra inneggiare, attizzare, caricare… prima della devastazione sonora che arriva puntuale a metà pezzo, travolgendo l’ascoltatore con un black seminale, spietato, senza compromessi; L’intensità della violenza, tuttavia, si interrompe improvvisamente con maestria per sfociare su atmosfera pura, costellata da arpeggi malvagi e privi di luce, dai quali parte un crescendo infernale che sfocia su riffing demoniaci e cantato pulito, nuovamente impostato su direzioni inneggianti. Anche “Djevelens Verk” è polivalente, offrendo black furioso, ritmiche grintose e coinvolgimento epicio costruito su strutture marziali. Perversa “Som Ett Arr på Sjelen”. Piena di cambi ed evoluzioni la conclusiva “Ondskapens Nødvendighet”. E palpabile il livello di male concentrato in questi tre quarti d’ora abbondanti. E’ intenso. Furia e premeditazione. Violentemente imposto, e subdolamente diffuso… un male che si materializza e striscia per diffondersi, riprodursi nei modi più immondi. Questo è decisamente quel fantastico male che la scena norvegese è sempre riuscita a diffondere.
(Luca Zakk) Voto: 8/10