(InsideOut Music) Il Caligola delle tastiere. È così che Alice Cooper ha definito Derek Sherinian in occasione di una delle tante collaborazioni che il tastierista ha avuto con un ventaglio infinito di artisti, compresi Malmsteen, Dream Theater, KISS, Billy Idol, Ayreon, Black Label Society e Timo Tolkki. E non dimentichiamo che David Coverdale lo ha pure definito il figlio di Jon Lord! Tuttora, oltre alla carriera solista, Derek milita in varie band, compresi i Sons of Apollo con Mike Portnoy e Jeff Scott Soto, i Planet X di Tony MacAlpine e Joe Bonamassa. Carriera impeccabile, tecnica infinta, adattabilità senza confini… ma è nei suoi album solisti che Derek si abbandona ad un virtuosismo dominante, palese e ricco di dettagli, sfiorando una gamma di generi musicali illimitata, offrendo sempre e comunque una radice progressiva fondata su rock e metal, indubbiamente i generi nei quali riesce ad esprimersi con maggior libertinaggio. “The Phoenix” è il suo ottavo album, a quasi un decennio dal precedente “Oceana”, ed ancora una volta l’artista ha molto da dire, da esprimere, da comunicare grazie a melodie favolose, arrangiamenti superlativi e collaborazioni uniche. La lunga pausa tra gli ultimi due lavori è dovuta all’antipatia di Derek verso un mercato discografico sballato, pieno di fruizioni gratuite, download illegali, fattori che rendono il lavoro di un musicista tanto inutile quanto non giustamente retribuito. Quindi Derek nell’ultimo decennio ha fatto molte altre cose, ha seguito altri progetti… fino al ritorno dell’ispirazione, alimentato dal legame con il batterista storico Simon Phillips (Michael Schenker, Satriani, Jeff Beck, Toto, Coverdale, ecc…) e la recente firma con l’etichetta. Oltre a questo duo inossidabile, l’album ospita bassisti e chitarristi di prim’ordine: Tony Franklin (presenza costante con Derek), Jimmy Johnson, Billy Sheehan e Ron ‘Bumblefoot’ Thal (tutti membri dei Sons Of Apollo), Joe Bonamassa, Zakk Wylde e persino Steve Vai! Come se non bastasse c’è anche Kiko Loureiro (Megadeth). Questo scontro di titani non ha portato a conflitti, anche perché è stata data totale libertà ad ogni chitarrista, garantendo un risultato complessivo molto variabile, personale ed istintivo. Scatenata e iper-tecnica la title track posta in apertura. Suggestiva, contemporaneamente tradizionale e futiristica “Empyrean Sky”, sognante “Clouds of Ganymede”, deliziosamente drammatica “Dragonfly”. Provocante “Temple of Helios”, sfacciata la cover di Buddy Miles “Them Changes” (unico brano con linee vocali). Intensa e teatrale “Octopus Pedigree”, prima della lunga e conclusiva “Pesadelo”, una canzone ricca di varianti le quali spaziano dal metal al folk di matrice iberica. Tastiere sublimi, chitarre favolose, linee di basso irresistibili. Nonostante il virtuosismo di Derek sia palese, anche questo album dimostra la sua capacità di creare un territorio musicale complesso ed accattivante, regalando spazio alle chitarre e ai bassi: un artista che crea arte intensa, un mecenate che offre spazio per l’espressività di altri artisti. Una cosa che conferma l’atteggiamento eclettico e la diversità stilistica del mitico tastierista!
(Luca Zakk) Voto: 9/10