copdesolateshrine(Dark Descent Records) Le trombe del giudizio universale, l’apprestarsi della fine. L’immagine di copertina è eloquente e saluta questo secondo full length dei finlandesi Desolate Shrine. Il death metal presentato è grigio, cupo, ma tendente agli scenari black metal e dunque con atmosfere cariche di tensione e malessere, avvolte da un clima estremamente dark e fino ad arrivare, in situazioni brevi, a passaggi doom, come per “Plane of Awake (Dreams Over the Angel – Serpent to”. Le chitarre hanno una distorsione vibrante e sono vere e proprie onde sonore che si diffondono con fluida cattiveria ovunque. L’Apocalisse, era questa la chiave di lettura proposta all’inizio, ed è proprio questo scenario che si arriva ad immaginare nell’ascolto del brano. Una biblica resa dei conti finale. Tra spunti sorretti da blast beat dirompenti e passaggi meno caotici, “The Sanctum of Human Darkness” non risparmia melodie e trame musicali le quali vengono ripetute e prolungate, in modo da dare un’identità ai pezzi. La velocità non è comunque il mezzo espressivo preferito dai tre, i quali usano i riff e tutti i loro sviluppi per dare il tempo giusto e la marcia alle canzoni. A dire il vero se non accelerano fanno un favore ai brani e all’ascoltatore, in quanto il drumming è dinamico e anche tecnico e quindi sa esprimersi attraverso un tocco ben ragionato, a prescindere dalle velocità, e le chitarre si rivelano molto più produttive nell’elaborare continuamente strutture musicali mutevoli. Uno dei migliori esempi è sicuramente “The Chalice of Flesh and Bone: The Eminence of Chaos”. I Desolate Shrine hanno realizzato brani che superano gli 8′, “Demon Heart: The Desolate One” arriva quasi a 10′ e solo un paio approdano attorno ai 7′, ma nonostante il minutaggio prolisso non c’è fatica e la noia si tiene lontana. La produzione, la scelta dei suoni e distorsioni tendono a prediligere le alte frequenze, c’è poco spessore nel sound, ma nonostante questo anche il basso riesce a farsi udire e dare un suo contributo significativo. L.L. è il responsabile di tutti gli strumenti, mentre M.L. (ovvero Hellwind Inferion, batterista e cantante per diverse band) e R.S. (cioè Roni Sahari, anche lui cantante e batterista per i Lie In Ruins e altri) si occupano esclusivamente delle voci. Un trio atipico, nelle competenze, almeno per quello che riportano i dati ufficiali, ma capace di realizzare un album spiazzante.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10