(Abduction Records) Questo trio di Seattle si dichiara parte di quella scena, ma a scanso di equivoci è meglio chiarire che ha ben poco del grunge, di quello che ne resta e di quello che lo ha seguito dopo gli anni d’oro. I Diminished Men sono un prodotto dell’underground, cresciuto poi negli anni, e questo secondo album è stato come sempre stimolato dalle idee visionarie e cinematografiche ed anche la loro biografia ufficiale lo lascia intendere. Suoni dilatati, concettuali, frutto di emozioni, sensazioni, immagini, idee, stati emotivi o di fantasie dei fatti. Tra pezzi oscuri, cacofonici (“Kapnos Escape”) o psichedelici (“Oblong Trance”) ad altri ruvidi ma percorsi da melodie quasi giullaresche (“Black Vapor”). Distorsioni ruggenti o chitarre laccate di semplici delay. Niente è stabile, tutto è mutevole. Con Sara Johanne alla voce creano una canzone docile e da night club con “Hoarding Light”. Ci sono altri ospiti, come il sassofonista Sam Wambach, oltre a quello di Skerik(Garage a Trois, Critters Buggin’). Col sassofono “Tacombover” sarebbe l’ideale colonna sonora delle pagine di James Ellroy. Altri ospiti sono B.R.A.D. (Master Musicians of Bukkake, Burning Witch), voce e gong, e il raffinato chitarrista Milky Burgess (Master Musicians of Bukkake, Earth). “Capnomancy”, altra atmosfera fumosa e sospesa, tipo detective che gira a vuoto in auto e mentre la sigaretta pende dalle labbra si arrovella il cervello per capire quale sia la chiave di lettura dell’omicidio, e poi “Expulsion”, serrano la saracinesca di questo album. Perfetta fusione di melodie che riportano la mente a scene, idee di romanzi, trame impossibili o viste ed udite. Una piacevole divagazione in territori inesplorati, un fertilizzante per i pensieri che sorgono e si sviluppano autonomamente e al ritmo di questi pezzi a volte dal tocco retrò, rock garage, psycho rock, mentre in altre sono voli onirici e cinematografici.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10