(Nuclear Blast Records) Il neon. Tutto parte da quel neon. Quando uscì il primo video del singolo “Interdimensional Summit” si scatenò il finimondo. Un olocausto mediatico assurdo. Schieramenti di ‘pro’ in aperto conflitto con schieramenti di ‘contro’. Ricordo mi sedetti con birra e snacks per godermi lo spettacolo di reazioni… uno show stupendo, senza biglietto, senza canone, completamente gratis! Io ho sempre adorato la musica dei Dimmu: certo, qualche album più di qualche altro… come è giusto e normale che sia. Sono di parte? Non esattamente. Non ho interessi di alcun tipo con la produzione dei Dimmu… mi piacciono e basta, mi piace il loro approccio melodico, il loro modo di fare canzoni, quella teatralità sinfonica e (più recentemente) corale per la quale sono famosi. Ma sentire gente sputare critiche a casaccio… tra l’altro gente che manco era in questo mondo quando uscì “For All Tid” o gente che era alle prese con pannolini all’epoca del grandioso “Enthrone Darkness Triumphant”… altro non fa che alimentare il mio gusto dello spettacolo, quello sopra citato. Il neon? Si, il neon! Ma cosa c’entra il neon? Un tizio che non ha apprezzato il singolo (e non per seghe mentali legate alla fede, all’essere trve e stronzate simili, semplicemente non gli piace la canzone, punto e basta!) ha intensificato la dose e mi ha scritto: “Madonna… pure il pentacolo al neon… che posers!”. Non solo provai piacere alla sua invocazione di un simbolo sacro per parlare di una band black metal… ma mi ritrovai a riflettere. Dannati Dimmu Borgir! Ci hanno fregato di nuovo! Guardiamo un po’ la storia: il debutto con logo molto black, album simbolico, come il successore, forse ancor più occulto. Poi avanti con tastiere e mazze ferrate impugnate da braccia con borchie. Poi la copertina coi brillantini di “Spiritual…” (digipak). Poi la line up da infarto di “Puritanical…”… ed avanti passando per avere sua maestà Hellhammer alle pelli… fino a “Abrahadabra” dove l’abbigliamento è passato alla totale controtendenza diventando… bianco! Trovo geniale il pentacolo al neon del video, un effetto glam & pop dell’oscurità più infernale… in un atteggiamento di totale libertinaggio mediatico… il quale altro non può che offendere e scandalizzare gli ortodossi… procurando piacere al re degli inferi. “Eonian” è un disco ricercato: ogni suono è studiato con intelligenza. La batteria ha un suono pulito ma tradizionale, antico (old-school?)… senza i perfezionismi elettronici tipici di oggi. Le tastiere sono dannatamente Dimmu Borgir, sono esattamente come devono essere, ovvero come sono (già) state. Orchestra e cori sono stupefacenti, intensi, arrangiati con una maestria fantastica… tanto che mi immagino i Therion (altra band che adoro): se avessero seguito un percorso di evoluzione dal death al black, anziché al loro genere, avrebbero registrato un album stilisticamente molto vicino a questo. Ogni brano è identificativo, personale… ed in qualche modo capace di evocare la storia della band. “The Unveiling” è tuonante, epica, coinvolgente, introspettiva e maledettamente intensa. Il singolo della discordia “Interdimensional Summit” ha i connotati degli ultimi due album… ma è catchy, infinitamente catchy… a prescindere dai gusti dal pubblico. Potente e trionfale “Ætheric”, brano con un drumming e divisione corale superlativi. Fantastica “Council of Wolves and Snakes”, con le sue deviazioni divinamente sciamaniche. “The Empyrean Phoenix” e “Lightbringer” portano ad epoche antiche del sound della band. Potente ed ancora una volta catchy la poderosa “I Am Sovereign”, brano con divagazioni melodiche meravigliose. Oscura e progressiva “Archaic Correspondence”. Estremamente sinfonica, totalmente metal, l’ottima “Archaic Correspondence”, prima della conclusiva ed evocativa “Rite of Passage”. Mamma Nuclear s’impegna per le release di questo livello: mi è giunto un papiro senza fine di descrizioni e citazioni per descrivere questo disco… quando -secondo me- un disco dovrebbe descriversi da solo. Tuttavia, per puro dovere (e rispetto al martire che ha dovuto scrivere tutta quella roba) qualche riga l’ho sbirciata, trovando interessante e molto esplicativa una frase di Shagrath: ‘il disco rappresenta l’illusione del tempo, tutto quello che è ed è sempre stato’. Geniale. I Dimmu Borgir sono in giro da 25 anni. Sono sempre stati fuori standard e contro corrente… spesso troppo avanti lungo un sentiero poi battuto da una miriade di seguaci. Ed è proprio questa l’illusione del tempo: I Dimmu non si sono venduti, non sono ‘posers’, non sono pop… semplicemente continuano a fare quello che hanno sempre fatto in questi 25 anni; 25 anni che per alcuni sono durati un istante, che per altri sono ancora fermi nei paraggi di varie tappe intermedie, e che per altri ancora… forse non sono mai esistiti. Una cosa è però innegabile: se fai un disco che piace a molti ma che fa incazzare o storcere il naso a tanti, allora stai facendo la cosa giusta. Dopotutto rompere le scatole e scandalizzare è ciò che dovrebbe fare una band rock, ciò che una band black metal altro non può che portare all’estremo!
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10